il Fatto Quotidiano, 5 aprile 2023
La seconda parte dei diari di Cesare Zavattini
“Sarei un pazzo a dare il diario in mano a chicchessia perché ci sono nomi e fatti che non ho il diritto di far conoscere”. Nondimeno, siamo al secondo, 1961-1979, dei tre volumi che raccolgono il corpus dei Diari di Cesare Zavattini (in libreria da venerdì con La nave di Teseo): osservazioni, memorandum, appunti e cronaca, con licenza di uccidere. E di soccombere. Il “tritume di nomi di fatti di pensieri” rivela l’intellettuale mutaforma, sceneggiatore per Vittorio De Sica di Sciuscià e Ladri di biciclette, Miracolo a Milano e Umberto D, pittore, poeta e polemista.
Ne ha per i giornalisti, “mi si chiede se rispondo a un’inchiesta di Rita Parsi proposta dall’Espresso sui cessi… Speravo che l’Espresso si occupasse di me per cose più gravi pur essendo importante anche il cesso”. Non risparmia i compagni autori dell’Anac: “Hanno tutti paura e nessuno si accorge o si addolora per il processo di subalternità, non dignità, cui sono avvezzi”. Guarda agli esteri, “ci sono 20 Paesi che hanno la bomba atomica e l’ignoranza è in aumento”, e fulmina la politica interna, compreso Aldo Moro assassinato nemmeno un anno prima per “non aver compreso che non solo gli italiani della Dc non volevano l’alleanza col Pci, ma neanche gli italiani del Pci volevano l’alleanza con la Dc. Moro si era mosso per attenuare il dissidio alla sua maniera facilitandosi tra l’altro l’elezione presidenziale”.
Nei confronti di Enrico Berlinguer si supera: se con “mi pare abbia lasciato il compromesso storico nell’equivoco, cioè unilaterale e culturale storico generico” siamo ancora nell’alveo della critica, “Berlinguer ha corrotto non meno della Chiesa” mette al muro il cattocomunismo. Di qui al pontefice è un attimo, anzi, un film, La Veritàaaa, per cui Za avoca a sé “il tema mai preso di petto da nessuno: contro il papa, come simbolo della negativa politicità e razionalità italiana”. Il 1° gennaio del 1978 accenna a contratti (soggetto suo, sceneggiatura a sei mani con il figlio Arturo e Roberto Benigni), ma i mesi successivi avrebbero dolorosamente mutato il quadro: ripensamenti, incagli e litigi, l’esordio conoscerà la solitudine dei numeri primi, sicché nel 1982 il secondo canale della Rai trasmette La Veritàaaa scritto, diretto e interpretato da Zavattini. La Chiesa rimane nel mirino: “Se sarà eterna, siamo fottuti”, e sebbene progetti non “un film ‘blasfemo gratuitamente’ ma ragionatamente” il genio di Luzzara sul Vaticano spara ad alzo zero: “Le parole che usiamo sono senza senso, non esistono. Però si impongono come vere. Allora bisogna vomitarle. Anche il papa. La parola Dio stesso è vomitabile”. Ma il fiele è per il futuro Piccolo diavolo, cui in principio elargisce entusiasmo: “Benigni evviva”. Non durerà. La Veritàaaa l’avrebbe dovuto dirigere Giuseppe Bertolucci, “disse no per sue ragioni e come un raptus dissi lo faccio io”, promettendo ai produttori “un film di poco costo”, con “molti primi piani” e un credo: “Conto decisamente sulla interpretazione di Benigni, grande Antonio!”. Essendo Antonio il protagonista, che fugge dal manicomio, arringa le folle, inaugura il “Canale degli Italiani, il Canale della Verità” in tv, incontra Garibaldi, il Papa e la Morte.
Zavattini trova “assurdo” che Benigni non gli abbia mai parlato del film di Marco Ferreri, Chiedo asilo, che si apprestava a girare, ma pur allarmato che “lui così prensile può assorbire cose” concede: “La colpa è mia”. Poi – è il 9 aprile del ’79 – incassa giuggiolone il placet di Bertolucci, “fra tanti copioni letti questo gli pare il più singolare e con la novità di un dialogo saggistico e però spettacolare”; si fa forza: “A Benigni darò io copia (della sceneggiatura, ndr) quando e se verrà come promesso a raccontarmi storia Ferreri e sua”; ci casca: “Benigni ha aumentato il suo entusiasmo e bisogna farlo a ogni costo perché dice che è il più bel film del quarantennio”; lamenta che “dopo la fiammata ciascuno bada a sé e io sono solo come non mai”; traballa: “Ferreri ha voluto rileggere La Veritàaaa per dirmi cose precise ma ne è nato il silenzio rotto solo dai gridi di Benigni (capolavoro) che però è con Ferreri tutto impegnato montaggio et rigirare cose per il film dei bambini”. Sarà però un’altra pellicola ad assestargli il colpo fatale: “Benigni mi dice che deve fare una parte nel film di Arbore in cui c’è il papa (Il pap’occhio, ndr), e lui avrebbe detto a Arbore ma guarda che c’è il papa nel film che devo fare con Zavattini. Ha detto che Arbore gli ha risposto che è un’altra cosa”. Cesare Zavattini bolla il comportamento di Ferreri “vile”, quello di Arbore “da avanspettacolo”, e Benigni? “Capisco che B. farà in sostanza ciò che volgarmente gli conviene”. Nel cast de La Veritàaaa Benigni non c’è, Antonio lo interpreta l’ottantenne Zavattini: sarà il suo ultimo film.