La Stampa, 5 aprile 2023
Intervista a Robert A. George
Più di trenta capi di imputazione. Le televisioni di tutto il mondo. La fila dei giornalisti in attesa di entrare nel tribunale di Manhattan. I sostenitori vestiti con i colori della bandiera e i cappellini Maga. Ordinarie scene di un giorno straordinario, quello in cui, per la prima volta, un ex Presidente viene messo in stato di arresto, costretto a lasciare le impronte digitali, a presentarsi davanti a un giudice per rispondere dei suoi presunti crimini. «Di tutti i comportamenti criminali di cui Donald Trump è accusato, questo è probabilmente il più debole» sostiene, come molti, Robert A. George, opinionista di Bloomberg, storicamente repubblicano, profondo conoscitore della vita politica americana in tutti i suoi dettagli. Eppure è indubbio che la sola presenza di Trump nel tribunale di Manhattan, nella stessa sala che ha visto imputato anche Harvey Weinstein, sia un momento spartiacque, anche se la direzione che prenderà la vita politica americana da qui in avanti nessuno lo sa.Che cosa dice l’arresto di un ex presidente sullo stato della democrazia americana?«È una vergogna, un peccato che si si arrivati a questo, ma è anche la forza della democrazia, se si crede nello stato di diritto. Nessuno è al di sopra della legge non è un concetto astratto. Non è neanche la prima volta che un politico paga per i crimini commessi. Andando indietro 25 anni penso a Bill Clinton: in molti credono che lui in fondo non subì nessuna conseguenza, ma vale la pena ricordare che, finito il mandato, fu costretto a rinunciare alla sua licenza di avvocato e a pagare una grossa multa perché durante le indagini sull’affare con Monica Lewinsky mentì sotto giuramento, che è poi il motivo del suo impeachment. Quindi, è vero che nessun ex presidente è mai stato incriminato, ma non è vero dire che un ex presidente non ha mai affrontato conseguenze legali».Ci sono altri paragoni tra Bill Clinton e Donald Trump?«Il comportamento inappropriato sottostante è lo stesso – una relazione extraconiugale – ma quello che è interessante è che per entrambi i guai legali arrivano nel momento in cui cercano di coprire l’accaduto. C’è un detto che dice “non è mai il crimine in sé, è sempre il tentativo di coprirlo” ed è vero per entrambi».Altri esempi?«Il caso legalmente più simile a quello di Trump è quello dell’ex senatore John Edwards, candidato alla vicepresidenza nel 2004 con John Kerry. Nel 2011 fu incriminato da un gran giurì federale, con sei accuse di reato per aver violato le leggi federali sui contributi elettorali per coprire una relazione extraconiugale, inizialmente negata ma poi ammessa (e da cui nacque un bambino, ndr). Fu dichiarato non colpevole per uno dei capi di imputazione, mentre per gli altri il giudice dichiarò l’annullamento del processo poiché la giuria non fu in grado di raggiungere un accordo».C’è chi pensa che questa vicenda aiuterà Trump politicamente.«Trump ha già reso queste accuse parte della sua campagna. Nelle ultime settimane ha raccolto otto milioni di dollari. Gli piace dipingersi come la vittima di una persecuzione politica, una narrazione che serve a compattare la base dei suoi sostenitori, tanto che i sondaggi lo danno di nuovo in testa con largo scarto nella corsa alla candidatura per le primarie del partito repubblicano. La domanda è se tutto questo lo renderà più appetibile agli occhi degli elettori del centro, quelli che nel 2020 hanno votato per Joe Biden».Il suo arrivo in tribunale è stato seguito da tutte le televisioni, centinaia di giornalisti coinvolti, ore e ore di immagini. Dal punto di vista dell’attenzione mediatica ha già vinto.«Sono 50 anni che Trump è un personaggio pubblico. E ricordiamoci che è diventato famoso nella New York dei media aggressivi, dei giornali scandalistici, la Manhattan degli Anni 80. Per quanto odi la stampa, sa come manipolarla e piegarla ai suoi interessi. Ne parla male, odia i giornalisti, ma non può farne a meno. In questi due giorni ha collezionato una quantità di immagini da dare in pasto ai suoi sostenitori, uno show a favore di telecamere. Quando tornerà in Florida, farà subito un comizio e la domanda è se le tv lo trasmetteranno oppure no. Vedremo. Quella tra Trump e la stampa è una relazione tossica, ma basata sulla co-dipendenza». —