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 2023  aprile 04 Martedì calendario

La scuola dei campioni, quella di Vale

Gli stessi riccioli incontenibili, lo stesso cerotto sul naso, l’inconfondibile accento romagnolo e lo stesso gusto per la battuta, perfino lo stesso nome: Marco. A tanti Bezzecchi ricorda Simoncelli e se l’Italia ha festeggiato un nuovo vincitore in MotoGp, c’è anche lo zampino del Sic. Il Bez (suo soprannome ufficiale nel paddock) è l’ultimo prodotto della VR46 Riders Academy di Tavullia, la scuola per campioni voluta e fondata da Rossi poco meno di 10 anni fa. Tutto era nato però prima, quando Simoncelli, in un’annata difficile, aveva chiesto all’amico Valentino di allenarsi con lui. «Con Marco stavo bene, mi faceva ridere, e andare in palestra o in moto insieme a qualcun altro è più divertente» ha raccontato spesso il Dottore, che gli disse naturalmente di sì. Era il 2008 e a fine stagione festeggiarono entrambi il titolo mondiale, il Sic in 250 e il Doc in MotoGp: l’esperimento aveva funzionato.
Il destino, però, aveva deciso di prendersi Simoncelli e Valentino rimase solo. Quell’idea di prepararsi con altri piloti, però, continuava a frullargli nella testa e nel 2014 tutto era pronto per realizzarla, in grande. Il campus c’era già, il Ranch – un serpente di terra dove allenarsi di traverso con le moto da dirt track – mancavano solo gli allievi. Il primo fu Franco Morbidelli, poi arrivò Pecco Bagnaia e via via tutti gli altri: il fratello Luca Marini, Andrea Migno, Celestino Vietti e, naturalmente, Marco Bezzecchi, insieme a tanti altri che hanno poi preso altre strade. A un certo punto erano 11, una squadra di calcio. Giovani e veloci, desiderosi solamente di un’opportunità per mettersi in mostra. Per quello c’era anche un team, che ha mosso i primi passi in Moto3 per poi arrivare in MotoGp, come i piloti. «Valentino è il Messi del motociclismo e Leo il Rossi del calcio, sono i più grandi» diceva Bezzecchi in Argentina. La differenza, è che il Dottore ha pensato di mettersi in cattedra quando correva ancora, allevando dei possibili rivali. «Delle serpi in seno, forse creare questa Academy non è stata una buona idea» aveva scherzato quando i primi di loro erano saliti fino alla MotoGp e gli stavano davanti. Il tono era quello del fratello maggiore, magari un po’ scocciato per l’affronto, ma sicuramente molto più orgoglioso di vederli così veloci. Merito loro, ma anche suo, che gli aveva dato il meglio per crescere.
La gestione di un pilota richiede quasi 70 mila euro all’anno e viene ripagata con il 10% del proprio ingaggio. In cambio ha uno staff di primo livello sia dal punto di vista della preparazione atletica (con Carlo Casabianca al comando) sia da quello manageriale, una squadra in cui farsi le ossa (in questo caso c’è Alessio Salucci, storico amico e collaboratore del Dottore, al timone) e poi tanti allenamenti, su qualsiasi mezzo che abbia due e quattro ruote. Valentino primus inter pares, fra ragazzini che non ci pensavano due volte a dargli una spallata per superarlo e lui che li consigliava attingendo dalla sua esperienza infinita.
Per Rossi è stato il segreto per correre fino alla soglia dei 42 anni, per loro un trampolino di lancio. Il primo a sfruttarlo è stato Morbidelli, campione del mondo in Moto2 nel 2017, poi Bagnaia (con i titoli in Moto2 e MotoGp) e ora insieme a loro in MotoGp ci sono anche Marini e Bezzecchi. Vietti è il prossimo destinato a fare il salto nella classe regina, Migno dall’Argentina ha portato a casa il trofeo del 3° posto in Moto3. In MotoGp, sabato nella sprint race, Pecco, Bezzecchi, Morbidelli e Marini se le sono date di santa ragione: «Come al Ranch» hanno detto in coro, dove ogni gara finisce con una grigliata condita da sfottò assortiti verso i perdenti.
Ora quell’atmosfera è nel paddock del Motomondiale, nessuno sconto in pista e tante risate fuori. I tifosi orfani di Valentino cercavano un suo erede, è stato lui stesso a crescerli e ora non hanno che l’imbarazzo della scelta. —