Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  aprile 04 Martedì calendario

Ritratto di Annalena Benini

«Non è stato un pesce d’aprile». Sdrammatizza così la nomina a direttrice del Salone del libro la giornalista e scrittrice Annalena Benini, 47 anni «portati benissimo» a detta delle madamine convenute a omaggiarla ieri alla sua presentazione a Palazzo Madama a Torino.
Dopo i discorsi istituzionali, con fare da cronista, è stata lei stessa a rivelare ai colleghi com’è andata: «Sabato scorso, quel primo d’aprile sempre a rischio di scherzi, ero a casa di amici quando ho ricevuto una chiamata su Whatsapp». Benini specifica che «di solito non rispondo ai numeri che non conosco, perché ho paura. Stavolta al telefono era Silvio Viale, presidente dell’associazione Torino città del libro, che rappresenta gli organizzatori del Salone. Sono uscita sul balcone per ascoltarlo meglio, anche perché mi ha messo in vivavoce con altre due persone e non sentivo bene. “Hai capito cosa ti stiamo chiedendo?”. Tre voci di uomini sconosciuti, immaginate l’imbarazzo, mi hanno proposto la nomina. Poi ho capito che gli altri due erano il sindaco di Torino Lo Russo e il presidente della Regione Cirio».
Benini, che lavora da anni al Foglio a Roma ma è nata a Ferrara, da solida emiliana ci ha pensato bene prima di decidere. Si è consultata col marito giornalista Mattia Feltri e con la zia Daria Bignardi. Ha ottenuto dalle istituzioni la garanzia della libertà nelle scelte. Soprattutto, ha pensato che «il Salone da sempre è la manifestazione più importante che ci sia per chi legge, scrive e osserva la cultura in movimento. E poi Torino mi ha sempre accolto e dato la possibilità di fare tante cose belle, penso per esempio al Circolo dei lettori».
Dunque «dopo 24 ore di terrore», che confessa consapevole che la debolezza rivelata è una forza e la certezza sa interrogarsi, ha deciso di diventare «la prima direttrice donna del Salone del libro», specificando di tenerci a quel titolo declinato al femminile.
«Felice, emozionata, onorata». Così si sente Benini per un «incarico totalmente inaspettato, che comincio a realizzare ora in questo palazzo nel centro di Torino. E ringrazio l’organizzazione per il calore dimostrato nella sua giornata di ambientamento». Prima della presentazione ci sono stati gli incontri con lo staff del Salone, il motore della manifestazione tanto che c’è chi considera il direttore una specie di ciliegina sulla torta. E c’erano da riconquistare alcuni musi lunghi affezionati alle idee naufragate di Loredana Lipperini o di Paolo Giordano. Molto dipenderà dall’affiancamento con il direttore uscente Nicola Lagioia nell’edizione che comincia il 18 maggio. Anche per questo la nomina è arrivata ora.
Di libri e scrittori Benini si è sempre occupata. Nel 2020 ha compiuto pure un viaggio per Rai 3 dalla Lombardia alla Sicilia in compagnia di grandi autori, da Antonio Scurati a Francesco Piccolo, da Carlo Lucarelli a Gianrico Carofiglio. Di libri sono pieni i suoi libri, dall’imminente Annalena (Einaudi), che trae in inganno fin dal titolo occupandosi in realtà della missionaria Annalena Tonelli, che «aspira all’assoluto» mentre Benini «davanti all’assoluto vacilla»; a I racconti delle donne (Einaudi) in cui da Virginia Woolf a Chimamanda Ngozi Adichie c’è la «festa della società sovversiva delle ragazze»; fino all’originario La scrittura o la vita (Rizzoli): «Negli scrittori, nelle loro vite, ma credo in tutte le persone, cerco sempre questa specie di follia che a volte è molto bene addomesticata, a volte quasi invisibile, ricoperta di strati di ragionevolezza, doveri, vita dei giorni, sesso, famiglia, inciampi, successo, imbarazzo, cinismo, paura, ironia, vergogna (ma credo che uno scrittore, quando scrive, debba liberarsi della vergogna). Mi entusiasma scoprire che esiste sempre un nucleo di passione che non può essere scalfito da niente, e che non è socievole né affidabile, perché è una concentrazione costante su qualcos’altro, è un pensiero altrove».
«Comincerò osservando e ammirando il lavoro di Lagioia – programma Benini – e della sua squadra, che ho conosciuto e di cui sono già entusiasta per la vitalità e la competenza. Molto resta da scoprire e sarebbe affrettato proporre subito una mia visione. Fino a giugno devo studiare, capire, affiancare». Le madamine annuiscono davanti alla sua modestia e una delle donne chiave della macchina del Salone si lascia sfuggire: «È la persona giusta, e in più è la prima direttrice». Ad un certo punto Benini finisce davanti al plotone d’esecuzione del circolo mediatico. Nella confusione nessun addetto stampa la protegge, ma lei se la cava: è una di loro. Lo Russo e Cirio si salutano soddisfatti: «Ci vediamo alla prossima nomina».