Corriere della Sera, 4 aprile 2023
Intervista a David Popovici
BUCAREST Alle 7 del mattino le strade di Bucarest sono poco trafficate. Dal centro un vialone porta in 10 minuti all’accademia della Dinamo, un edificio bianco un po’ sgarruppato. Una volta dentro, si scopre un centro attrezzatissimo e un mondo in fervente attività, e viene da chiedersi a quale ora della notte sia cominciata. In mezzo a bambini in acqua, nella corsia 7 spunta una testa senza cuffia che ascolta le indicazioni di un trentenne in maglietta rossa. La testa è quella di David Popovici, il ragazzo che cambierà il nuoto: a 18 anni, ha vinto oro nei 100 e nei 200 stile ai Mondiali, detiene il record del mondo dei 100 e sono aperte le scommesse di quando batterà quello dei 200 che resiste dal 2009. Fisico longilineo, sguardo magnetico, il volto (dopo Nadia Comaneci) che la Romania ha scelto per mostrarsi un Paese moderno, mente superiore. Sentiremo a lungo parlare di lui.
David qual è il suo primo ricordo?
«Ricordo che andavamo in un parco Nazionale, avevo i pattini e correvo con mio fratello. Lui aveva vinto una medaglia, forse a scuola, io la volevo assolutamente e cercavo di strappargliela. Un segno del destino!».
Si ricorda anche il suo primo contatto con l’acqua? Che cosa ha provato? Paura, un senso di accoglienza?
«Non ho mai avuto paura dell’acqua, è stato naturale entrarci in contatto. Ricordo che il primo maestro, avevo 4 o 5 anni, ci insegnava a soffiare bolle d’aria, come i pesci rossi. Sin dall’inizio l’acqua mi ha dato sensazioni meravigliose e non se ne sono mai andate via: quando mi ritirerò, continuerò a nuotare».
Quando ha realizzato che questo era il suo destino?
«Dai quattro ai sei anni era quasi un gioco, andavo a nuotare 2-3 volte la settimana per curare la scoliosi. Poi a 7 anni ho scelto di fare più seriamente con una scuola primaria orientata allo sport dove nuotavo una volta al giorno. Con le prime gare mi sono innamorato della competizione: solo nuotare spalla a spalla con qualcuno che può batterti o che tu puoi battere dà una fortissima adrenalina».
Suo padre Mihai, ex manager che lavora perché questa Accademia crei una tradizione di nuoto a Bucarest ci ha raccontato che lei da bambino non era mai abbattuto, o arrabbiato, quando perdeva.
«È verissimo».
E oggi come sta quando (raramente) perde?
«In un certo senso è lo stesso. Ovviamente non mi piace perdere ma non mi arrabbio col mondo. Anzi può essere una lezione utile. L’ultima volta che è successo, ai Mondiali in vasca corta, ero andato oltre le mie aspettative: avevo raccolto un 4° posto col record juniores e un 2° nei 200 stile. Non dico che sia stato bello ma è stato rassicurante: non voglio abituarmi all’idea di non poter perdere mai, potrebbe darmi alla testa».
È vero che si sveglia alle 5 e fa colazione a letto con gli occhi chiusi?
«Quando ero più piccolo ero troppo stanco, così i miei genitori mi preparavano qualcosa e me lo portavano a letto: è diventato un rito, una cosa “nostra”…».
Lo stoicismo
Il mio coach mi ha fatto leggere Seneca, cerco di applicare certi principi
Cerco l’equilibrio
Dice spesso che la fatica la rende felice: come si fa a essere felici di arrivare a un passo dal vomitare per lo sforzo?
«Il dolore e la sofferenza sono parte della vita, non puoi aspettarti che non ci siano. Se passi ogni momento cercando di essere felice, ottiene solo un po’ di dopamina nella testa. Ma se cerchi di vivere una vita equilibrata, di cui fanno parte momenti di dolore, giornate brutte e giornate in cui basta che ci sia il sole per renderti contento, allora credo tu possa stare bene. Magari l’allenamento fa male ma quando ti stendi sul letto senti che hai portato a termine il tuo obiettivo del giorno e sei pronto per quello successivo».
Riemergono i principi della filosofia stoica cui si ispira.
«Sì, è stato il mio allenatore a farmi leggere Seneca: cerco di applicare certi principi. Credo che gli Stoici cercassero di vivere una vita felice, non nel senso piena di risate o di cose materiali. La vera felicità è una vita in equilibrio».
Dice sempre che il suo segreto è il lavoro duro. Non è un po’ troppo semplice? Per esempio il nuotatore Adam Peaty ha appena lasciato per problemi mentali.
«Il lavoro duro è il mezzo per raggiungere il fine. Ci sono però tanti altri aspetti: l’alimentazione, lo stile di vita, la vita sociale. E anche questo non basta. Bisogna essere seri nei momenti importanti ma non esagerare. In tutto serve equilibrio: se riesco a trovarlo fra l’ossessione per lo sport e il piacere di rilassarmi leggendo un libro, ascoltando musica, passeggiando all’aria aperta allora sono in pace, che mi piace di più di felice: è così che voglio essere».
Ha detto che il suo obiettivo è essere ricordato tra 100 anni: ambizioso, non crede?
«Sì, l’ho detto. Voglio lasciare un segno, non legato alle medaglie: possono anche essere centinaia, mi faranno ricordare ma non mi faranno lasciare la mia impronta. Quello che voglio è che altri si avvantaggino del dono che ho ricevuto, che il mio talento, la mia immagine e la mia voce ispirino il prossimo, aiutandolo a vivere una vita sana».
Com’è cambiata la sua vita con la popolarità?
«Quando cammino per strada 9 persone su 10 mi riconoscono. All’inizio è stato divertentissimo, poi è diventato molto faticoso e quasi non volevo uscire, ora sono nella fase in cui accetto la situazione e cerco di sfruttare le possibilità che mi offre. Sono a mio agio».
Ci racconta la relazione con il suo allenatore, Adrian Radulescu? È per lui che ha deciso di non andare negli Usa?
«È vero che negli Usa le infrastrutture sono più avanzate ma penso che la cosa più importante sia la chimica fra l’atleta e il coach. C’è il giusto equilibrio, ancora una volta questa parola, fra amicizia e professionalità, qualcosa che non potrei trovare da nessun’altra parte».
La popolarità
Sto gestendo la nuova popolarità: all’inizio è stato divertentissimo, poi faticoso, ora sono in pace
Tra i nuotatori il suo idolo è Phelps? E fuori dal nuoto?
«Ho seguito molto Phelps ma non posso definirlo un idolo, non ne ho ancora trovati. Con Paltrinieri ho un’ottima relazione. Poi ammiro molto Denzel Washington».