Corriere della Sera, 4 aprile 2023
Intervista a Barbara Ronchi
ROMA L’outsider è lei, Barbara Ronchi, 40 anni, romana, figlia di un litografo e di una casalinga. È nella cinquina delle candidate come migliore attrice ai David di Donatello, accanto a Penélope Cruz, Benedetta Porcaroli, Claudia Pandolfi e Margherita Buy, «che è stata la prima a cui ho mandato un messaggio».
E cosa le ha scritto?
«Che quando alla cerimonia mi siederò accanto a lei, sarà già una vittoria per me».
Cosa le ha risposto?
«Mi ha detto che lei è molto competitiva, ma Settembre le è piaciuto. È il primo film di Giulia Steigertwalt, pervaso da sospiri, solitudini, rivoluzioni interiori, è la storia di un divorzio e di un’emancipazione dagli uomini».
È l’imbucata alla festa?
«No, anche perché un po’ ci speravo, ho ricevuto diversi riconoscimenti per quel film. Ho saputo della nomination mentre tornavo dal Bif&st di Bari dove mi hanno dato il premio Anna Magnani».
Durante il Covid ha girato ben otto film.
«È strano, è successo tutto insieme. Eppure la mia carriera l’ho fatta passo dopo passo, lavoro da vent’anni. È come se con Settembre tutto magicamente si fosse allineato».
Lei è attrice e mamma di Giovanni, che ha 5 anni.
«Eh, non è facile, ma ho una schiera di aiuti. Sul set di Imma Tataranni, dove interpreto la cancelliera (a Matera stiamo girando la terza serie) la protagonista, Vanessa Scalera, mia cara amica, quando non girava ha cambiato pure i pannolini, solo che li ha messi al contrario».
La pagava in nero?
«La ripagavo invitandola a cena. Dice che ho avuto un’altra baby sitter speciale? Sicuramente si riferisce a Anna Ferzetti, la compagna di Pierfrancesco Favino. Anna ha letteralmente salvato la vita a mio figlio, si stava strozzando con una mela».
Delusioni
I D’Innocenzo tagliarono il mio ruolo, Golino lo ridusse a comparsa:
mi rifarò con Bellocchio
Le attrici che fanno quasi il doppio lavoro.
Ride: «Anna stava girando una serie con il mio compagno, Alessandro Tedeschi, e io e Favino li avevamo raggiunti tornando dal set di Padre Nostro».
Recitare è usare il corpo e dice di camminare male.
«Inciampo, è come se avessi una gamba più lunga dell’altra. Ogni tanto i registi mi chiedono se sono caduta. Gli inizi? Venivo dagli studi di Archeologia ma il mio posto era negli spettacoli teatrali con gli amici. Temevo di venire percepita come vanitosa, non volevo legare questo lavoro alla ricerca della bellezza, le cose per fortuna negli ultimi anni stanno cambiando. Abbiamo più voglia di ascoltare storie che di vedere delle bellone».
Si iscrisse all’Accademia d’arte drammatica.
«Una delle insegnanti era Anna Marchesini. Quanti pianti mi ha fatto fare. Diceva che gli allievi devono essere anche autori, responsabili delle parole che recitano. Mi ripeteva che bisogna dire la verità in faccia. Le chiesi cosa pensasse di me. La risposta fu: non vedo il fuoco. Ci rimasi malissimo. Pensavo di non essere abbastanza appassionata. Ma io cerco di fare l’attrice in modo sereno malgrado la mia natura malinconica».
Il suo primo film fu anche un debutto per Valeria Golino.
«Sì, come regista di Miele. Lei carinamente mi disse che il mio ruolo era diventato un francobollo; mi sarebbe piaciuto vivere la complicità e il rapporto d’amore che aveva sul set con Jasmine Trinca. Un episodio analogo l’ho vissuto con i fratelli D’Innocenzo in Favolacce. Il mio nome scorre sui titoli di coda ma io non appaio mai, sono stata tagliata, ero una prof che aveva una sua vita notturna».
Si rifarà con Marco Bellocchio.
«Dopo Fai bei sogni mi ha chiamato per La conversione, il suo prossimo film, sul caso Mortara, il bambino ebreo tolto alla sua famiglia dalla Chiesa nel 1858. Ora sono più strutturata, più grande».
Lei incarna il titolo di un suo recente film.
«Era ora! Me lo stanno dicendo tutti gli amici. Anche a Vanessa Scalera è successo lo stesso, di essere riconosciuta da un giorno all’altro. Sto vivendo questo momento d’oro con i piedi per terra, abito in un quartiere popolare che è come un villaggio. Un barista, saputo della candidatura, mi ha detto, oggi caffè pagato».