Corriere della Sera, 4 aprile 2023
Ritratto di Giulia Zardini Lacedelli
Ha una passione e non la nasconde. «Ama». Ama follemente il Canada. «È un bellissimo Paese», argomenta. E poi, ma questo non è più lei ad argomentarlo, è la nazione che ha due milioni di praticanti il curling (un’enormità rispetto ai 330 e poco più iscritti in Italia). «Quando sono lì, mi sento importante».
Un dato questo che serve a comprendere la biografia di Giulia Zardini Lacedelli. Che ha solo 20 anni, gioca a curling e fa parte della nazionale femminile. Agli ultimi mondiali in Svezia, poche settimane fa, è stata eletta come miglior giocatrice al mondo nel suo ruolo (l’Italia si è classificata quinta, miglior risultato di sempre). Altro dato: è di Cortina. La nota località, chiamata la regina delle Dolomiti, considerata il paradiso degli sport invernali. Sci, hockey su ghiaccio, pattinaggio. Il curling viene molto ma molto dopo. Giulia però è convinta che grazie alle sue imprese e a quelle della nazionale anche questa disciplina darà lustro alla sua Cortina.
Lei era un promessa. Ma non di curling. Pattinaggio. Un incidente l’ha fermata. Aveva undici anni. Ed era già in età avanzata per il curling. «Perché di solito si inizia a otto anni. Quando mi sono infortunata pattinando e una mia amica mi ha detto “dai, vieni a provare”, non sapevo cosa fosse». A Giulia è piaciuto lo spirito. «Già»
Ghiaccio e amore
È uno sport tutt’altro che noioso. Il mio fidanzato? Gioca anche lui, e la cosa aiuta il nostro rapporto
Non è facile capire le regole del curling. La disciplina ha avuto un’improvvisa impennata di notorietà alle ultime Olimpiadi di Pechino, con l’oro vinto nel doppio misto da Amos Mosaner e Stefania Constantini (compagna di Giulia in nazionale). Una medaglia di difficile immaginazione prima delle Olimpiadi. Tanto per dare un’idea. In Italia il curling si gioca a certi livelli solo a Cortina, Cembra e Pinerolo. Anche per mamma e papà di Giulia è un gioco difficile da capire. «La cosa che non è ancora chiara a miei genitori è la tattica con cui viene chiamato il gioco. Provo a spiegare». Ci ripensa. «Forse è meglio di no». Giulia organizza così la sua vita quotidiana. Studia (è iscritta a Mediazione Linguistica), si allena, mangia e dorme. Lo scorrere del suo tempo non cambia mai. Si reitera sulla base di un ordine intrinseco. Non si direbbe il miglior spot per attrarre al curling giovani della sua età. «In effetti i miei amici spesso me lo fanno notare. Mi dicono: “E su, vieni un po’ a goderti la vita”. Ma non ho tempo».
Giulia organizza pure il gioco. Nel suo ruolo è la migliore al mondo. «Sono una lead». Una lead (o un lead) è colei che lancia per prima nel quartetto. Tenta di spiegare: «Effettuo i primi due lanci del sasso (come si chiama il disco che scivola lungo il campo del curling). Poi spazzo gli altri sei lanci...». Si ferma. «Mi rendo conto che se non si comprendono bene i meccanismi di questo sport, che è anche una filosofia della precisione, può sembrare noioso». Invece? «È molto interessante. E pure molto fisico. Un movimento come la spazzata interessa solo la parte superiore del corpo ma implica resistenza. Uno sforzo che va moltiplicato per tre ore, la durata di una partita. E in un mondiale se ne giocano due al giorno. Per questo facciamo molta palestra».
Per un’atleta che non ha molto tempo per fare attività sociale, l’ideale (argomenta) è il fidanzato scelto nello stesso campo. «Il mio ragazzo fa curling. Insieme abbiamo vinto l’argento nel doppio misto ai campionati italiani. La passione in comune favorisce il rapporto». Ma chi vince a curling? «Me lo chiedono in tanti. Cerco di spiegare...». Prova. «Pensiamo alla bocce. Ci siamo? Bene. Nel curling i sassi devono finire al centro. Più sono centrali più si guadagna punti. Vince chi fa più punti. Semplice, no?».