il Fatto Quotidiano, 4 aprile 2023
Rampelli, il “ferrovecchio” della destra fascista
Forse, con Giorgia Meloni, sbagliamo approccio e siamo troppo cattivi. Tutti a ricordarle che non ha una classe dirigente e che attorno a lei (che già non è la Thatcher) il livello è infimo, ma forse in realtà è una scelta. Forse Donna Giorgia lo fa apposta: forse si circonda di statisti diversamente esaltanti per metterci di buonumore, e per ricordarci che se ce l’hanno fatta loro allora c’è davvero speranza per tutti.
Prendete, tra i tanti, Fabio Rampelli. Romano, 63 anni ad agosto, deputato dal dicembre 2005. Uno così è vicepresidente della Camera, e tutto sommato va bene così, perché se il presidente del Senato è La Russa allora vale tutto. Di Rampelli si diceva, fino a poco tempo fa, che era crucciato con la Meloni perché nel partito tende a dare più spazio a gente come Donzelli. Se fosse così saremmo tutta la vita dalla parte di Rampelli, perché arrivare secondi dietro a Donzelli (Donzelli!) è come perdere a ramino giocando da soli.
Rampelli ha dalla sua una storia irreprensibile: Fronte della gioventù, Movimento sociale italiano, Alleanza nazionale. Un percorso per nulla in odor di fascismo, come conferma un altro suo fiore all’occhiello citato dalla notoriamente bolscevica Wikipedia: “Nel 1989 insieme a Gianni Alemanno fu arrestato a causa degli incidenti avvenuti a Nettuno, poco prima del passaggio del corteo con il presidente degli Stati Uniti, Bush e la moglie, che si recava in visita al cimitero americano”. Eia eia ealà!
Forse dispiaciuto per non avere trovato spazio nel governo, e ancor più nel cuore della Meloni, l’inarrestabile Rampelli si sta sbracciando per attirare l’attenzione. Riuscendoci con gran talento. È sua la proposta di legge che prevede multe fino a 100 mila euro per chi usa termini stranieri. Un’idea sublime, a metà strada tra il bel (?) ventennio che fu, una sbornia venuta male e un rigurgito esofageo di nazionalismo bischero. Oltretutto Rampelli non si è neanche reso conto che, se tale proposta passasse, il primo a essere multato dovrebbe essere proprio il governo, visto che ha pensato bene di istituire il ministero del “made in Italy”. E andrebbe fatta una bella multina pure alla Meloni, che in uno dei suoi primi interventi ufficiali da Presidente(ssa) del Consiglio si è definita “underdog”. Nell’attesa di trovare un corrispettivo autarchico e italianissimo di parole sacrileghe come “dispenser”, “mouse” e “computer”, giova comunque riconoscere che il magnanimo Rampelli ci ha fatto sapere che lui non ha alcuna intenzione di proibirci l’uso di parole come “bar” e “croissant”. Com’è umano lei!
Per la cronaca, e anche per la storia, il feldmaresciallo ipotetico Rampelli è lo stesso che 15 giorni fa parlò di “persone dello stesso sesso” che “chiedono il riconoscimento di un bambino che spacciano per proprio figlio”. Un’altra uscita per nulla retrograda, greve e fuori dal tempo, rincarata da quel che scrisse il giorno dopo su Facebook per la festa del papà: “Auguri a tutti i papà consapevoli di non poterlo essere senza una mamma. Affermazione tutt’altro che banale di questi tempi perché c’è chi ha scambiato le persone per oggetti o animali o specie arboree e i bambini per puffi, a proposito di peluche”. E il riferimento al “peluche” era un’allusione ai contestatori della Meloni a Cutro dopo la tragedia in mare. Segno ulteriore dell’eleganza sopraffina, e della modernità sfavillante, di quest’altro ferrovecchio ameno della destra nostrana.
Grazie per tutti questi fenomeni, Donna Giorgia: porterai definitivamente il Paese al capolinea, ma se non altro ridarai lustro e slancio alla satira italiana. Son soddisfazioni.