La Stampa, 2 aprile 2023
Pnrr: soltanto l’1% dei progetti è stato completato
Il Recovery in pericolo è stato al centro delle discussioni di Cernobbio. A microfoni spenti, più di un imprenditore si è detto preoccupato. Del resto, del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) solo il 6% dei finanziamenti è stato speso e soltanto l’1% dei progetti è stato completato, come evidenziato dall’ultimo studio dell’Osservatorio Pnrr di The European House – Ambrosetti, presentato ieri a Villa d’Este. «Il problema è la messa a terra, gli enti locali non hanno la capacità per adottare il Piano», afferma un top manager di una primaria banca internazionale. Come evidenzia il rapporto, il 65% dei progetti passa dai Comuni e il 60% di questi è in mano a municipi con meno di 5.000 abitanti, con notevoli difficoltà nella gestione dei progetti stessi. E fonti europee sottolineano: «Se la terza tranche è data per certa, sulla successiva sarà più complicato. Molto spesso l’Italia si perde quando ci sono i grandi obiettivi da raggiungere».
«La pazienza è stata molta, come doveroso verso ogni nuovo esecutivo, ma il problema è il deragliamento». Lo dice quasi sottovoce un banchiere di lungo corso presente a Villa d’Este. E lo fa proprio pochi minuti prima del punto stampa improvvisato, ma non troppo, del ministro del Tesoro, Giancarlo Giorgetti, avvenuto a margine del pranzo presso la veranda dell’hotel lariano. C’è anche una data precisa, per «il deragliamento», che si traduce in un blocco dei fondi europei, che valgono 191,5 miliardi di euro. «Entro fine anno, perché è impossibile che gli enti locali minori possano riuscire a gestire tale mole di scartoffie, bandi, gare», dice un imprenditore subentrato nella conversazione. Alla domanda «ma perché non volete essere citati?», la risposta è sempre la stessa. Ovvero, «la prego, non mi pare il caso con questo governo». Il gradimento generale dell’esecutivo Meloni da parte della platea di Cernobbio, stando ai sondaggi interni, supera il 70%. Non male. La fiducia c’è ancora, soprattutto sotto il profilo imprenditoriale. Quella degli economisti, meno.
Ma quali sono i problemi del Pnrr? Lo evidenzia lo studio presentato. «Dato il ritardo accumulato, la nuova pianificazione del Pnrr prevede uno spostamento in avanti di oltre 20 miliardi di euro di spese originariamente previste per il triennio 2020-2022 (-49,7%)», si dice. Il ritardo, da recuperare già dall’esercizio 2023, prevede «un’accelerazione rispetto alla programmazione iniziale di oltre 5 miliardi di euro». Vale a dire che nel 2023 ci saranno 96 condizioni (tra obiettivi e traguardi) da raggiungere nell’anno (27 entro giugno, 69 entro dicembre). «Ed è proprio lo scoglio di dicembre quello più complesso: ma le pare normale che, con le difficoltà attuali, si possa completare il lavoro in forma virtuosa entro fine anno?», sottolinea un industriale del farmaceutico. Gli fa eco un dirigente del segmento informatico: «Le rassicurazioni sulla terza tranche di Gentiloni sono positive, ma lasciano anche intravedere che c’è in corso una significativa divergenza di vedute». Un ritardo? «Certo, e non possiamo permetterci di perdere la faccia con l’Europa in questa maniera», ammonisce. Il pericolo è che ci rimetta l’intero sistema-Paese.
Sebbene la flessibilità di Bruxelles sia elevata, elemento che nessuno dei presenti a Cernobbio nega, c’è il timore che ci siano nuovi ostacoli su un percorso che già a ostacoli era. «Certo che c’è stata la guerra, certo che c’è stata un’inflazione più persistente delle previsioni», ragiona un secondo banchiere internazionale, «ma sul fronte della Pubblica amministrazione si poteva e si doveva fare di più». Un conto sono i prestiti e un conto le sovvenzioni, spiega, sottolineando che era noto da tempo che il 2023 sarebbe stato un anno di cruciale importanza. Le lungaggini della politica, sebbene la transizione tra l’esecutivo Draghi e quello Meloni sia stato senza intoppi e assai ordinato, stanno facendo il resto.
Le possibili soluzioni, a detta della platea di Ambrosetti, sono percorribili ma bisogna spingere sull’acceleratore. «Tutti hanno problemi con il Recovery, ma sono spesso legati alla burocrazia. Snellendola, senza colpi di testa, si può ritornare sui binari», fa notare un alto funzionario europeo. Il problema, nel caso italiano, è che bisogna porre già ore le basi per tale processo. Un trimestre è già andato, e l’estate dovrà segnare il cambio di rotta. Perché dicembre è dietro l’angolo. I mercati, e il loro giudizio, pure. —