la Repubblica, 2 aprile 2023
I 50 anni del cellulare
Sostiene Martin Cooper che i cellulari del futuro saranno impiantati sotto la pelle delle orecchie e si ricaricheranno con l’energia del corpo. Più che una profezia, quella dell’ingegnere della Motorola che il 3 aprile 1973 fece la prima chiamata in una strada di New York, scegliendo come destinatario un collega rivale della Bell («Volevo sapere se mi senti bene» ridacchiò soddisfatto), sembra quasi una metafora della realtà. Non esiste, infatti, un altro oggetto così intimamente connesso a noi, capace di far scattare gesti compulsivi delle mani se lo perdiamo, di scaricare dopamina nel cervello all’arrivo di un messaggio e di tenerci piegati su uno schermo per ore.
Cinquant’anni dopo quella prima chiamata, nel mondo esistono più cellulari che esseri umani (8,6 miliardi contro 8). Il tempo che è servito a noi ad attraversare due generazioni è bastato ai telefoni per accumularne varie decine, con un’accelerazione alla quale nessun altro prodotto della tecnologia si è mai avvicinato. Il chilo e passa di apparecchio di Cooper (soprannominato la “scatola da scarpe”), incapace di restare acceso per più di mezz’ora («ma pesante com’era non ce l’avresti fatta a tenerlo all’orecchio così a lungo» commenta l’ingegnere) e con 10 ore necessarie a ricaricarsi, oggi si è trasformato in un oggetto che è riduttivo chiamare telefono. «Il cellulare è il simbolo della vita contemporanea. Il telefonare ormai è diventata una funzione secondaria» dice senza tema di esagerare Fausto Colombo, prorettore e direttore del dipartimento di Scienze della Comunicazione all’università Cattolica di Milano, autore diIl piccolo libro del telefono. Una vita al cellulare.
«Oggi questi apparecchi sono un compendio di molte tecnologie» conferma Paolo Ravazzani, direttore dell’Istituto di elettronica e ingegneria dell’informazione e delle telecomunicazioni (Ieiit) del Cnr. «C’è la trasmissione di dati tramite onde elettromagnetiche, che da analogica all’inizio degli anni Duemila è diventata digitale ed è molto diminuita di potenza, permettendo alle batterie di durare di più. C’è una componente informatica molto forte, perché un’app non è altro che un programma. Ci sono poi sensori, almeno 5 o 6 antenne, telecamere e batterie che richiedono competenze di energia e di chimica non indifferenti. La prima chiamata di Cooper era in fondo solo un esperimento, la dimostrazione che telefonare da una strada non era impossibile. Quel progenitore oggi è diventato qualcosa di molto diverso».
Il 94enne Cooper non se lo nasconde. Usa il telefono per guardare YouTube e regolare il proprio apparecchio acustico, ma intervistato nel suo studio di Del Mar, in California, ammette: «Non sarei mai, mai capace di usare bene un cellulare come fanno i miei nipoti». L’ingegnere della Motorola immaginava che presto o tardi tutti avrebbero avuto un telefono senza fili. «Ma resto basito quando vedo le persone che attraversano la strada con lo sguardo incollato allo schermo. Credo che le generazioni successive saranno più intelligenti e impareranno a usare meglio questo strumento».
Il giudizio, a questo proposito, dopo cinquant’anni è ancora sospeso. Il cellulare ci ha reso migliori? «Di certo ci ha cambiato la vita» sostiene Colombo. Nel 1969 il primo collegamento internet, nel ‘71 la prima mail e due anni più tardi la prima telefonata da una strada. Mezzo secolo fa, con un inizio lento che poi si è fatto tumultuoso, si sono poste le basi del mondo di oggi. «Forse esageriamo nell’usarla, ma la tecnologia in sé offre enormi opportunità. Ci consente di fare cose che prima erano impensabili e – cosa non scontata – ha raggiunto tutti nel mondo. Basti pensare che il primo continente in cui la telefonia mobile ha superato quella fissa è stato l’Africa».
Con le vendite in calo dal 2018 – oggi si vendono “solo” 1,4 miliardi di cellulari all’anno, con il picco che aveva raggiunto gli 1,55 – e il ventaglio di possibili funzioni che sembra esaurito, c’è già chi parla di crisi. Dissente Ravazzani: «Il futuro dei cellulari sta nell’internet delle cose, e si sta già concretizzando». In una fase in cui nel mondo si sta diffondendo la tecnologia 5G, che permette di trasmettere ancora più dati, la ricerca sta già lavorando al 6G. «L’evoluzione dei cellulari si sta portando dietro quella degli apparecchi medicali, con sistemi di comunicazione sempre più veloci che ci permettono, ad esempio, di monitorare da remoto gli strumenti sulle ambulanze. Nelle nostre case già oggi gestiamo l’allarme dal telefono, azioniamo a distanza i robot che puliscono o regoliamo il frigorifero».
Sempre più integrato con le nostre vite, il cellulare continuerà anche a cambiare i suoi possessori. «Pensiamo per esempio – riflette Colombo – a quanto teniamo alla nostra immagine digitale. La rendiamo perfetta, anche se la realtà spesso non è all’altezza, proprio attraverso il cellulare. Il suo uso sociale ha superato le funzioni per le quali era stato progettato». Immaginiamo un futuro in cui il telefono sarà impiantato sottopelle. Ma senza che ce ne accorgessimo, lui è già entrato dentro di noi.