Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  aprile 02 Domenica calendario

Su Giuda

Alla Mostra del cinema di Venezia del 1988 fu presentato un film dal titolo emblematico, Il bacio di Giuda, diretto da Paolo Benvenuti e interpretato da attori non professionisti con forte accento dialettale e recitazione un po’ straniata. Ricordo di averlo seguito sugli schermi di Rai 3 e non credo abbia avuto un percorso nelle sale cinematografiche. Il soggetto riguardava le ultime ore di Cristo affidate allo spartito narrativo dei Vangeli, letti da un attore professionista in abiti attuali. Il titolo evocava uno stereotipo che vede come protagonista il discepolo traditore, Giuda Iscariota, ossia «l’uomo del villaggio di Keriot» in Giudea (sarebbe, perciò, l’unico apostolo non della Galilea).
Quel film (tra l’altro preceduto nel 1909 da un’omonima opera di Armand Bour, quasi agli esordi della settima arte) faceva balenare una questione teologica che Cristo stesso pone sul tappeto quando per ben tre volte ribadisce che «è necessario (dei in greco) che il Figlio dell’uomo debba soffrire molto… e venire ucciso» (Marco 8,31). Nel suo romanzo Il quinto evangelio (1975) Mario Pomilio metteva in bocca a Giuda queste parole: «La verità è che io non fui il traditore: fui piuttosto la vittima di un curioso piano di salvezza, esteso a tutti gli uomini, che per esplicarsi perfettamente doveva escludere me». Borges stesso, pur da agnostico, era stato conquistato da questa aporia, anche se teologicamente Dio solo può conoscere il destino ultimo di questo discepolo.
Tempo fa avevo incastonato in una delle mie librerie tutti i romanzi che hanno per protagonista questo discepolo, un numero molto alto a cui ora avrei dovuto aggiungere anche quello dell’ebreo Amos Oz, scomparso nel 2018. Il greco Nikos Kazantzakis, ad esempio, nella sua famosa Ultima tentazione di Gesù (1955), divenuta nel 1988 il contestato film di Martin Scorsese, non esitava a creare quasi l’icona di un Giuda pio che coscientemente sceglie il tradimento perché si compia la morte sacrificale ed espiatrice di Cristo. È facile perdersi inseguendo la galleria dei ritratti letterari dell’Iscariota, per non parlare poi dell’arte: come non rimanere affascinati davanti alla scena del bacio dipinta da Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova?
Il racconto evangelico è altrettanto folgorante nella sua sobria nudità. «Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo?», così l’evangelista Luca (22,48), mentre Matteo sostituisce queste amareggiate parole di Gesù con un secco ef’ ho párei, in greco «per questo sei qui!», ma accompagnato da un triste etáire, «amico, compagno» (26,50). Sarà lo stesso Matteo a registrare la tragedia di quest’uomo, che poco dopo corre dai suoi mandanti a restituire il prezzo di un tradimento, divenuto già insopportabile, e a introdurre un finale tragico con una sola riga: «Giuda, scagliate nel tempio le trenta monete d’argento, si allontanò e andò a impiccarsi» (27,5). Luca, nella sua seconda opera, gli Atti degli apostoli, offre una versione più scenografica di quella fine, rimandando a una sorta di incidente o ricalcando un passo anticotestamentario del Libro della Sapienza (4,19) ove si dipinge a tinte forti il destino dei malvagi: «Giuda, precipitando, si squarciò e si sparsero tutte le sue viscere» (1,18).
Questa nostra lunga divagazione tematica vuole solo suggerire ai lettori un ritratto recente dell’apostolo traditore e della sua più ampia «storia vera» (come recita il sottotitolo del saggio) delineato da un esegeta siciliano, Salvatore Panzarella. La trama è comandata dai quattro testi evangelici vagliati secondo una lettura storico-critica e narrativa. Comuni ai primi tre, i cosiddetti «Sinottici», sono il patto di Giuda col Sinedrio per la consegna di Gesù, l’ultima cena e l’arresto di Cristo: in questi quadri ciascun evangelista ha un suo angolo di visuale degli eventi. Il quarto evangelista, Giovanni, condivide a suo modo la cena e l’arresto, ma introduce l’episodio di Maria, la sorella di Lazzaro il risuscitato, che cosparge di profumo i piedi di Gesù provocando un’osservazione polemica di Giuda sullo spreco: «Perché non si è venduto questo profumo per 300 denari e non si sono dati ai poveri?» (12,5).
Oltre alle variazioni evangeliche sulla morte di Giuda, non mancano altre annotazioni, come nel caso dell’aspra allusione di Gesù dopo il suo sorprendente e per molti sconcertante discorso di Cafarnao sulla sua carne e il suo sangue come «cibo»: «Non ho scelto io voi, i dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!» (Giovanni 6,70). Ancor più potente è lo svelamento del traditore durante l’ultima cena secondo il racconto giovanneo, con l’atto impressionante dell’offerta da parte di Cristo del «boccone dell’ospite» a Giuda, racconto che Panzarella scandisce in cinque passaggi progressivi fino all’apice: «Dopo il boccone, Satana entrò in lui. Gli disse Gesù: Quello che vuoi fare, fallo presto!... Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte» (13,27.30).
Il commentatore è sempre attento a mostrare il riverbero simbolico, spirituale e performativo che il dettato evangelico fa sbocciare nel lettore, soprattutto credente. Ed è per questo che sigilla il suo esame testuale con un capitolo dal titolo ammiccante, Giuda non è tornato…, facendo intuire che la storia di Giuda, capace di ferire la comunità dei discepoli, non abbia alla radice solo una questione di soldi, ma sia un paradigma oscuro che inquieta e tormenta sempre le coscienze e la Chiesa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Giuda. La storia vera
Salvatore Panzarella
Il Pozzo di Giacobbe,