il Fatto Quotidiano, 2 aprile 2023
Troppi soldi, signora mia
Tra i nuovi reati che i fautori della depenalizzazione stanno inventando, i rave, l’istigazione all’anoressia e l’omicidio colposo nautico non bastano: urge quello di “ottenimento di troppi soldi dall’Europa”. Tanto il colpevole è uno solo: Conte, reo di avere strappato la vergognosa cifra di 209 miliardi. Dopo Bernabè e Stagnaro, altri noti esperti assicurano che, se i governi Draghi e Meloni hanno ritardato e pasticciato sul Pnrr e rischiano di farci perdere i soldi, è colpa del putribondo predecessore che li aveva ottenuti. Lo spiega bene Bonomi: “Ricordo com’è nato il Pnrr: a Villa Pamphili nel giugno 2020. Ebbi un confronto con Conte perché immaginavamo un Piano che rafforzasse il potenziale di crescita del Paese. Ci siamo invece trovati una serie di interventi a pioggia… Un piano sbagliato in origine”. Ma ricorda male: agli Stati generali di Villa Pamphili non si sapeva neppure se e quanti soldi sarebbero arrivati: il Recovery fu approvato il 21 luglio e la stesura del Pnrr partì ad agosto, peraltro con precisi vincoli europei incompatibili con la fame atavica dei prenditori. Prima che il Conte-2 finisse di scrivere il Pnrr, fu rovesciato da Renzi in joint venture con Confindustria e i suoi giornaloni, che dipingevano il Pnrr come una ciofeca mentre l’Europa lo promuoveva.
Il 2 febbraio 2021 Draghi calò da cielo in terra a miracol mostrare, scrisse la parte mancante, peggiorò quella già scritta e consegnò il Pnrr il 30 aprile. Senza mai dire o sospettare che i soldi erano troppi. Ma Nicola Rossi, economista Pd, spiega sul Foglio che Conte fu “irresponsabile e sconsiderato” a “raccattare ogni risorsa disponibile”: ora bisogna “restituire le risorse del Pnrr” perché non sappiamo che farcene. È lo stesso buontempone che nel 2020, appena ottenuti i 209 miliardi di Pnrr, voleva pure i 36 del Mes. Così ora dovremmo restituirne 245. Anche a Tria (Sole 24 ore) i soldi del Pnrr fanno schifo. E ricorda con raccapriccio il governo del “famoso balcone da cui fu dichiarata la fine della povertà, sempre a debito”: il Conte-1, di cui Tria era ministro dell’Economia. Seguì il “governo di ventura” Conte-2, che senza di lui ottenne i 209 miliardi, ma “fallì clamorosamente” nell’utilizzarli”; e “per salvare l’onore dell’Italia fu chiamato Draghi, che ci mise generosamente la faccia”. La stessa fiaba narra, sempre sul Sole, La Malfa: “Conte licenziò non un piano, ma una lista di progetti”. I due poveretti ignorano che Conte non poteva licenziare né fallire: fu disarcionato mentre scriveva il Pnrr; e la prima rata Ue arrivò il 14 aprile, sotto Draghi. Ma su un punto han tutti ragione: a Bruxelles, nei tre giorni e tre notti di battaglia con Merkel, Rutte, Orbàn &C., Conte non avrebbe dovuto lottare per farsi dare più soldi. Ma per ottenerne di meno.