Corriere della Sera, 2 aprile 2023
L’anagramma di resilienza è silenziare
Aldo Grasso
Basta una parola. Il governo, in ritardo nell’attuazione del Pnrr e per questo sgridato da Bruxelles, non ci sta e prova a scaricare le responsabilità sulla burocrazia, sull’eurocrazia, sulle regole degli appalti, sui governi precedenti. È colpa loro se non riusciremo a spendere i previsti 190 miliardi, euro più euro meno! La ricerca del capro espiatorio è fondamentale per sottrarci alle responsabilità. Ma, visto che il Pnrr è figlio di tutte le possibili combinazioni di governo, vuoi vedere che la colpa è di una parola enigmatica?
Pnrr sta per Piano nazionale di ripresa e resilienza. Già, ma cos’è questa resilienza? A volte ci innamoriamo di parole, le usiamo in continuazione, spesso passando sopra al significato, nel fitto della polemica: narrazione, antropico, postura, inclusione, distopico, problematica, dossier… Intanto resilienza non è sinonimo di resistenza (con o senza la maiuscola). Etimologicamente è un salto all’indietro, resistenza all’urto: questo lo hanno compreso bene i balneari, i tassisti, i benzinai, i venditori ambulanti e chi li sostiene. Non ne vogliono saper di andare avanti, resistono all’urto. E senza riforme è impossibile procedere agli investimenti.
Inutile invocare la «politica del fare» se prima non c’è la necessaria cognizione delle parole. E dire che l’anagramma di resilienza è silenziare.