Avvenire, 2 aprile 2023
Su Gesù Cristo
In una serie memorabile di lezioni sulla figura di Gesù Cristo, tenute a Bologna nel 1999, il cardinale Giacomo Biffi ne tratteggiava un ritratto folgorante, a partire dalla «straordinaria chiarezza di idee» aliena da ogni «rifugio nel soggettivismo». E specificava che «in lui non c’è nulla né del pensatore distratto, così assorto nelle sue alte elucubrazioni da non accorgersi nemmeno più delle piccole cose, né del superuomo che disdegna di lasciarsi impigliare negli accadimenti senza rilevanza e senza gloria. Al contrario: Gesù si dimostra un osservatore attento della realtà feriale nella quale siamo tutti immersi. Le cose più umili vengono utilizzate nei suoi paragoni: i bicchieri e i piatti da lavare, la lucerna e il lucerniere, il sale da usare in cucina, il bicchiere d’acqua fresca, il vino vecchio che è più buono, il vestito rattoppato, la pagliuzza e la trave, la cruna degli aghi, i danni provocati dalle tarme e dalla ruggine, gli effimeri fiori del campo, le prime foglie del fico, 1’arbusto di senape, il seme che cade in terreni diversamente accoglienti e produttivi, la rete dei pescatori che raccoglie al tempo stesso pesci commestibili e pesci da buttare, la pecora che si allontana dal gregge e si perde. E questo è un elenco che si potrebbe molto allungare». Ben lontano dagli ideologi era Gesù: «Proprio questa sua sensibilità per le piccole cose concrete e l’arte sua inimitabile di incastonarle nei ragionamenti più alti gli consentono di parlare a tutti, anche ai semplici, delle verità più sublimi con la mediazione di un linguaggio limpido e originale; un linguaggio che ci appare ben diverso da quello di molti pensatori professionisti e di non pochi attori della scena politica». Anche nel recente importante saggio che fa il punto sulla storicità dei Vangeli, Gesù di Nazareth. Vita e destino (Claudiana), l’esegeta svizzero Daniel Marguerat, si chiede quali sembianze avesse Gesù. E risponde: «Il volto di Gesù era piuttosto scuro, bruciato dal sole, dai tratti semiti, con sopracciglia e naso accentuati. Poteva misurare tra i 165 e i 170 centimetri di altezza e pesare tra i 58 e i 65 chili». Stime che ci fanno prendere un po’ le distanze dall’immaginario tradizionale. Così come le immagini di Gesù hippie o rivoluzionario, medico o santone, genio religioso o filosofo non reggono più di tanto e ancor meno i giudizi di chi lo ritiene un personaggio mitologico. Tre parole caratterizzano la predicazione di Cristo secondo il biblista Ludwig Monti, già monaco di Bose, nel suo volume Gesù, volto di Dio uscito per le Edizioni Messaggero Padova (pagine 172, euro 17,00): sapienza, potenza autorevolezza. La potenza è espressa dai miracoli, che occupano il 31 per cento del Vangelo di Marco; la sapienza dal suo insegnamento – tutti lo vedono come un rabbi; l’autorevolezza ( exousìa) è data dal tenere unite le due dimensioni della parola e dell’azione. Ma è la sua semplicità a colpire in maniera eccezionale, anche perché chi ascoltava Gesù perlopiù non aveva a disposizione uno strumentario particolarmente complesso. Le moltitudini che lo seguivano erano affascinate dalla sua capacità di leggere la realtà in modo poetico, superando gli schemi legalistici della religione del tempo. Dice Monti: «Grazie alle parabole si scopre che Gesù è un osservatore attento della realtà e ha un modo semplice ma molto intenso di guardare le cose. La sua è una vera e propria capacità contemplativa: Gesù non è uno che guarda soltanto, è uno che vede». E ancora: «Proprio nell’apparente semplicità si cela un’inesauribile ed esistenziale profondità. Semplicità non è facilità: chi ascolta o chi legge le parabole è intrigato e chiamato a interrogarsi, a mettersi in gioco in prima persona». Questo è l’intento del volume di Ludwig Monti: rilanciare la proposta del messaggio evangelico in tutta la sua intensità e ricchezza. Con un’ulteriore specificazione: «L’autorevolezza di Gesù consiste nel suo agire kalòs, in modo bello e buono». Nello spargere attorno a sé bellezza e bontà, tanto che l’apostolo Pietro ha potuto scrivere: «Abbiate uno stile di vita bello e buono in mezzo agli altri». Ed è quanto avveniva nelle prime comunità cristiane, che stupivano i pagani per la dimensione dell’agape e della comunione, sinanco dei beni, messa in pratica. Come dice Giovanni nelle prime pagine del suo Vangelo, Dio nessuno l’ha mai visto ed è Gesù che ne ha mostrato il volto, come dice il titolo del libro. «Questo è il Dio – ci dice l’autore -, il Padre narrato definitivamente da Gesù. Un Dio che ci attende, ci cerca, ci corre incontro, ci ama con tenerezza, addirittura ci supplica di accogliere il suo amore». Un volto di misericordia che ci spinge ancor oggi a vedere i bisogni del prossimo e a saper fasciare le ferite dell’altro