La Stampa, 2 aprile 2023
Meloni e l’identità
Anche se la polemica era partita proprio dall’affermazione della premier sui caduti della strage delle Fosse Ardeatine («uccisi perché italiani», e non, com’è storicamente affermato, perché antifascisti), è facile immaginare che a spingere il presidente del Senato La Russa a scusarsi pubblicamente per le sue singolari affermazioni sulle vittime dell’attentato di via Rasella sia stata la stessa Meloni. La quale, dopo la sua gaffe che ha avuto una larga eco in Europa, sicuramente non sentiva il bisogno di attizzare un nuovo scontro politico-culturale sulla stessa materia, proprio mentre è impegnata a negoziare con la Commissione europea il salvataggio dei fondi del Pnrr.Fratelli d’Italia, si sa, è qualcosa di diverso da Alleanza nazionale, fondata da Fini su una progressiva defascistizzazione del Msi, da cui proveniva. Anzi, si può dire che Meloni abbia cercato di valutare criticamente il percorso del suo predecessore, che con la famosa dichiarazione «il fascismo male assoluto» pronunciata durante un viaggio in Israele nel 2003, provocò l’implosione di An. È come se piuttosto la leader di Fratelli d’Italia avesse voluto recuperare il celebre motto di Augusto De Marsanich al primo congresso missino del 1948: «Non rinnegare, non restaurare».Ma anche quest’ambiguo equilibrismo, con cui lo storico leader Almirante aveva tenuto la destra ai margini della Prima Repubblica, ha rivelato tutta la sua debolezza di fronte alle nuove responsabilità di FdI, il partito che esprime la presidente del Consiglio, il maggior numero di ministri del governo e la seconda carica dello Stato nella persona di La Russa. Inoltre, se Meloni, sul fascismo, s’è mossa con uno “stop and go”, dal discorso di insediamento che conteneva una chiara condanna del fascismo, all’intervento al congresso della Cgil in cui ha definito «inaccettabile» l’assalto di un gruppo di estrema destra alla sede del maggior sindacato, fino allo scivolone sulle Fosse Ardeatine, La Russa si è prodotto in una serie di interventi a senso unico, poi smentiti, in nome della responsabilità che ricopre e dell’impegno di voler rappresentare tutti. Adesso la premier è attesa alla scadenza del 25 Aprile, Festa della Liberazione. Un appuntamento che, visti i precedenti, non può permettersi di sbagliare