Avvenire, 1 aprile 2023
La morte di San Francesco
La Legenda antiqua narra con fior di dettagli la morte di san Francesco. Un frate gli raccomanda di essere di esempio anche nella morte, che egli aveva chiamato sorella, lieto di fare il salto alla vita eterna. Francesco allora chiede di essere portato dal palazzo vescovile, dove giaceva infermo, alla sua Porziuncola. Strada facendo vuole che ci si fermi davanti all’ospedale (probabilmente quello dei lebbrosi), si volta e benedice la sua città. Giunto alla Porziuncola fa cantare ai frati il Cantico di frate Sole. Poi ottiene miracolosamente la vi-sita di donna Jacopa de’ Settessoli, che porta l’«attrezzatura funebre» ma anche gli ingredienti per un dolce di marzapane che piace a Francesco, il quale lo assaggia e poi lo fa distribuire ai suoi frati. Saluta tutti, specialmente il suo primo compagno, fra Bernardo, e muore santamente.
San Bonaventura racconta la storia in modo ben più essenziale e con varianti. Francesco malato chiede di essere portato alla Porziuncola e si fa disporre nudo sulla nuda terra. Muore mentre uno dei presenti vede volare in cielo la sua anima come una stella e tutti scoprono le stimmate nel corpo nudo. Ora guardiamo l’affresco corrispondente della Basilica superiore di Assisi. Francesco è disteso su una tavola, non nudo ma con il saio in ordine. Attorno a lui, i frati in ginocchio e in pianto gli baciano e accarezzano le mani e i piedi. A chiudere il cerchio, una corona di altri frati e sacerdoti che recitano l’ufficio funebre. Sopra, l’anima di Francesco viene portata dagli angeli in cielo dentro a un clipeo. La tavola esiste davvero. Su di essa fu dipinto un ritratto di Francesco e riportato gran parte del testo delle bolle di Gregorio IX e Alessandro IV in favore del culto delle stimmate. È conservata al Museo della Porziuncola. È, questo che abbiamo appena fatto, ciò che gradiremmo quando visitiamo le basiliche di Assisi e tanti altri luoghi della nostra Italia cristiana: che qualcuno affiancasse all’immagine la storia che rappresenta, tantissime volte fuori ormai dal nostro bagaglio di conoscenze. Per quanto riguarda gli affreschi di Assisi ci ha pensato Elvio Lunghi, professore di Storia dell’Arte Medievale a Perugia. Descrivere con le necessarie informazioni la scena che un dipinto rappresenta non è guastare l’espressività dell’opera d’arte, che se è tale dovrebbe parlare da sola. Qui ci riferiamo al soggetto. Se io non so nulla di mitologia antica qualcuno mi dovrà aiutare quando vado al museo archeologico, se non conosco gli apocrifi qualcuno me li do-vrà raccontare prima di entrare agli Scrovegni. Eccetera. Poi, su quanto l’arte sia stata efficace, se ne discute in altra sede. E questo è il benemerito lavoro svolto da Lunghi nel suo libro Le storie della vita di san Francesco nella chiesa superiore di San Francesco in Assisi (Casa editrice francescana, pagine 196 illustrate, euro 20,00): ha messo insieme le fonti e le immagini, non senza qualche excursus nella storia dell’arte. Per esempio, chi ha dipinto questi affreschi? Giotto c’era, certamente, e sono sue alcune scene. Ma c’erano anche altri pittori romani e toscani, lo stile evolve, le giornate si fanno sempre più brevi e, no, non è possibile a oggi determinare l’autore di ogni parte