Corriere della Sera, 1 aprile 2023
Il ritorno dei Soliti Idioti
L’emozione, raccontano, è quella che si prova nel rivedere un vecchio amico: «Basta una parrucca, un naso finto ed è fatta». Dopo essersi ritrovati, Fabrizio Biggio e Francesco Mandelli hanno rincontrato i personaggi che, più di dieci anni fa, rendevano I Soliti Idioti un fenomeno. Ora, li ritroverà anche il pubblico, a teatro, con un tour al via il 7 aprile da Torino e quasi tutto sold out.
Vi aspettavate di essere mancati a così tanta gente?
Biggio: «Un piccolo sentore che c’è stato quando, negli ultimi due anni, i nostri video sono diventati virali su Tik Tok. Ma non ci aspettavamo un riscontro così grosso, ci ha riempito il cuore».
Mandelli: «E ci spinge a dare il massimo: vogliamo vedere le persone felici. Abbiamo scoperto che perfino i tecnici del teatro sono fan dei Soliti Idioti, conoscono i personaggi, ridono durante le prove».
Che effetto fa questo ritorno a teatro?
Mandelli: «Dodici anni fa avevamo fatto un tour ma un po’ più punk, all’arrembaggio. Ora torniamo con uno spettacolo teatrale costruito e anche difficile da realizzare. Ci ragioniamo da novembre e vedere come ha preso forma è emozionante».
Biggio: «Tutte le trasformazioni che porteremo in scena richiedono impegno anche fisico. È un po’ come riprendere a fare uno sport dopo tanto tempo. Ci tremeranno le gambe prima che inizi lo spettacolo e anche alla fine».
C’è qualcuno che vi ha convinti a farlo?
Biggio: «Fiorello. Ci ha ospitato nella nostra prima reunion televisiva, durante Viva Rai2 (di cui Biggio è una presenza fissa, ndr.), quando a dicembre abbiamo fatto gli elfi di Babbo Natale. Lui oltre ad essere felicissimo del nostro ritorno insieme ci ha proprio detto che dovevamo pensare subito al teatro».
Mandelli: «Ci ha detto che ci verrà a vedere e ne siamo contenti: se c’è questo spettacolo è anche merito suo».
Chi altri vi piacerebbe vedere a teatro?
Mandelli: «Lazza: ci siamo incontrati allo stadio in tempi non sospetti e mi ha dimostrato un affetto incredibile per i nostri personaggi. E poi le nostre famiglie, o meglio, le nostri mogli, i figli no».
Come no? Vi amano anche i bambini ma non fate vedere I Soliti Idioti ai vostri figli?
Mandelli: «No, almeno non alla mia che è ancora piccola (ha 8 anni, ndr.). La nostra comicità ha una certa complessità e diversi livelli di lettura, non tutti adatti ai bambini».
Biggio: «Però devo dire che quando vedo la loro chiave, pura, di interpretazione, un po’ mi commuovo».
Eppure la vostra comicità è scorretta, dissacrante.
Biggio: «Ma mai studiata a tavolino. Noi pensiamo a cosa ci fa ridere, poi capiamo che forse ha un che di scioccante e a quel punto ci chiediamo: che si fa? La facciamo lo stesso? E la risposta è sempre sì».
Mandelli: «Scriviamo senza pensare alle conseguenze, senza ragionare sulle possibili polemiche ma solo in base a quello che ci fa ridere. Ci sentiamo liberi».
Dopo dieci anni i vostri sketch sono ancora attuali: è un bene o un male?
Mandelli: «Ci fa piacere scoprire che non sono passati di moda. È un po’ come se li avessimo scritti, a suo tempo, talmente bene da trovarci ora con una bella eredità».
Biggio: «Dieci anni fa abbiamo raccontato gli italiani, con i loro tic e difetti: non sono cambiati e non cambieranno mai. Ma la nostra non è una critica alla società, semplicemente raccontiamo delle stranezze che fanno anche parte di noi, attraverso una lente che le rende comiche: l’obbiettivo è far ridere».
Nello spettacolo ci saranno anche nuovi personaggi?
Mandelli: «No, è un po’ come un concerto: vuoi cantare le canzoni che conosci già. Però attualizzeremo gli sketch».
Biggio: «Per esempio il postino: ormai fa tremare. Ti consegna solo lettere sgradevoli, cose da pagare. Poi porteremo in scena i genitori che non ascoltano più i figli e preferiscono starsene tutti sul cellulare. Parleremo delle difficoltà economiche che stiamo vivendo, qualcosa sulla pandemia, l’amore ai tempi dei social e torneranno anche i due tamarri».
Mandelli: «Portiamo in scena la crisi dei ricchi borghesi, della Chiesa, dell’amore. Ma non per il gusto di essere trasgressivi. Non raccontiamo la verità, ma una realtà. Anzi, il nostro punto di vista».
Tornerà anche la politica? Un vostro classico era La ministra.
Biggio: «No, ci è parsa un po’ fuori dal tempo: raccontava quel periodo; ora non ci diverte tanto la politica».
Mandelli: «E per certi versi lo spettacolo è politico di suo, senza dover parlare di partiti o quella roba lì. È il nostro manifesto sull’Italia».
Vi chiedete perché tra tutte le vostre maschere, Ruggero e Gianluca sono così amati?
Biggio: «Perché Ruggero è vivo, è una persona. Senza volerlo abbiamo beccato un archetipo, la relazione padre e figlio, una dinamica eterna. Solo dopo abbiamo realizzato si era già vista anche nei Mostri, con Tognazzi. O nel film In viaggio con papà».
Mandelli: «Facciamo risvegliare Ruggero dopo dieci anni di coma, e chi vede per primo? Gianluca. Di base è un perdente, perché l’unico a cui può rompere le scatole è proprio il figlio. Lì dentro c’è una comicità anche di pancia, che arriva subito».
Nel futuro dei Soliti Idioti c’è anche un nuovo film?
«Vorremmo fare tutto: teatro, film e una nuova serie tv».