Corriere della Sera, 1 aprile 2023
Gwyneth Paltrow è stata assolta
L’America aveva ancora davanti agli occhi le brutture – umane e materiali, tra insulti e foto taroccate e feci lasciate per vendetta nel talamo nuziale – del processo dell’anno 2022, Johnny Depp contro l’ex moglie Amber Heard che l’aveva accusato di averla picchiata più volte. Il processo hollywoodiano del 2023, fortunatamente, non è stato un dramma familiare ma una commedia: Gwyneth Paltrow, cinquantenne attrice da Oscar e imprenditrice della moda (il suo marchio Goop, partito nel 2008 nell’ilarità generale, fattura ora un quarto di miliardo di dollari), era stata citata in giudizio per danni da un optometrista in pensione di 76 anni, Terry Sanderson, che l’accusava di averlo investito sugli sci durante una vacanza nello Utah sette anni fa.
Paltrow sosteneva di essere stata lei l’investita, un dato che nel sistema americano purtroppo conta poco: generalmente, personaggi famosi appartenenti alla sua fascia di reddito tendono a trovare accordi extra giudiziali per una frazione della cifra richiesta (l’optometrista chiedeva 300 mila dollari) perché le parcelle degli avvocati sono talmente alte, e la pubblicità di un processo è comunque negativa (così almeno dicono le vecchie regole del sistema della comunicazione novecentesca, pre social media).
Paltrow non soltanto ha scelto di andare a processo a Park City, Utah («Penso che accettare una richiesta di denaro basata su una bugia avrebbe compromesso la mia integrità»), ma ha fatto causa lei a Sanderson, chiedendo 1 dollaro di risarcimento simbolico. La giuria ha creduto a lei, «al 100%».
Il processo è andato in onda in diretta alla tv, con ampi stralci in «prime time» e copertura continua via streaming (per la gioia degli specialisti delle dirette dell’ottimo Law&Crime Network di YouTube che macinava milioni di clic ogni giorno).
E ieri, nonostante la non trascurabile notizia della prima incriminazione d’un ex presidente nella storia americana, la Cnn e i network tradizionali dedicavano analisi e riassunti al processo Paltrow, con Good Morning America della Abc che ignorava l’imminente arresto di Trump per lanciare «la nostra esclusiva», l’intervista con una giurata del caso Paltrow (aggiungeva un bonus surreale l’identità del conduttore, quel George Stephanopoulos che trent’anni fa era il potentissimo consigliere e portavoce del presidente Bill Clinton).
I colpi di genio comunicativi di Paltrow – che rischiava di passare davanti a una giuria di provincia come la ricchissima diva di Hollywood che travolge un anziano sciatore e poi rifiuta di pagargli i danni – sono stati tre, innegabili. Ha rifiutato, con durezza, di far testimoniare in aula davanti alle telecamere i figli (allora minori) che erano in vacanza con lei, ottenendo dal giudice una testimonianza scritta, firmata sotto giuramento. Dopo la vittoria è uscita dall’aula con la massima tranquillità, senza esultare, ma anzi ha rivolto all’accusatore un commiato – I wish you well, «le faccio i miei migliori auguri» – al quale lui non ha potuto non rispondere «grazie, cara», momento diventato subito un «meme» sui social media.
Ma soprattutto Paltrow ha trasformato il processo in una sfilata di moda indossando capi di squisita fattura e materiali pregiatissimi ma sempre in colori spenti, il grigio e il beige e il blu, sempre senza logo esteriore (Loro Piana, Prada, Celine, The Row e la sua G Label di Goop). Uno stile milanesissimo (città che Paltrow, frequente visitatrice dell’Italia, conosce bene) allergico alle pacchianate, battezzato dagli americani «stealth wealth», «ricchezza invisibile».