La Stampa, 1 aprile 2023
Intervista a Luciano Canfora
«Tradizione sì, ma quale? Il cristianesimo, il mondo classico, l’illuminismo?». Per Luciano Canfora, 80 anni, professore emerito di Filologia greca e latina all’Università di Bari, il tema su cui destra e sinistra incrociano più facilmente le sciabole è molto più concreto: l’idea di nazione in rapporto con quella di Europa».
Dall’alimentazione alla famiglia, dalla sicurezza al lavoro, la destra ha rubato la tradizione alla sinistra?
«Può darsi, ma non è un fenomeno nuovo. Il programma fascista del 1919 per esempio comprendeva la richiesta di una tassazione progressiva, dell’espropriazione dei beni ecclesiastici e di migliori orari di lavoro. Tutte istanze tipiche del mondo operaio. Poi il programma, che tra l’altro era fortemente repubblicano, venne disatteso. Mussolini nel 1921 disse pure che il capitalismo avrebbe dovuto finire. E d’altra parte i comunisti nel 1936 lanciarono un appello ai fratelli in camicia nera sulla base del programma comune del 1919. Insomma, che oggi la destra prenda alcuni temi dalla sinistra non deve stupire ed è tra le ragioni del suo successo».
«Chi si ritiene dalla parte giusta e inesorabile del progresso è contro le identità, la natura e la tradizione», ha scritto ieri Marcello Veneziani su La Verità. Che ne pensa?
«Nessuno è perfetto, ma contro natura che significa? È un elemento non culturale, quasi genetico, che non sta in piedi. E la signora tradizione chi è? In cosa consiste?».
Secondo lei?
«Ce ne sono diverse, come il cristianesimo, il mondo classico, l’illuminismo, ma oggi il punto più delicato mi pare quello della nazione. La destra italiana, come quella francese o tedesca, rivendica la sovranità nazionale, mentre la sinistra in assenza di idee migliori si sente europea a tutti i costi. Ricordo però che il conflitto sociale difficilmente avviene in una dimensione sovranazionale. La Francia per esempio è in subbuglio, ma noi non ce ne curiamo più di tanto».
La destra italiana sta inventando una tradizione, per usare il concetto di Hobsbawm?
«Sì, se pensiamo al modo in cui sfronda l’eredità fascista mentre su certi aspetti, come xenofobia e razzismo rispetto ai migranti, la conserva».
Poi c’è il tema della "famiglia tradizionale".
«A contestarla ci pensò già Platone, che era un pensatore aristocratico. Ogni tempo ha le sue alternanze, ma parlare di destra e sinistra riguardo ai rapporti famigliari è una stupidaggine. Poi spesso se ne fa un uso strumentale, perché chi fa polemica sui diritti vuole solo mettere in imbarazzo gli oppositori davanti a un pezzo di società».
Perché sulla cultura lo scippo della destra alla sinistra invece funziona meno?
«Se si pensa all’idea del ministro Sangiuliano di un Dante come capofila conservatore viene da ridere, ma ci sarebbe una cultura a cui rifarsi, abbastanza irriducibile rispetto all’attuale destra. Penso ad Alfredo Oriani e Gaetano Mosca, lettura suggerita perfino da Togliatti».
Ha letto la frase del presidente del Senato Ignazio La Russa su via Rasella: «Quelli uccisi furono una banda musicale di semipensionati e non nazisti delle SS, sapendo benissimo il rischio di rappresaglia su cittadini romani, antifascisti e non»?
«Una frase incomprensibile, che non sono in grado di spiegare. Evidentemente La Russa ha fatto una scoperta storica: che si trattasse di musicisti. Va domandato a lui sulla base di quali fonti, perché gli storici lavorano e si confrontano su quelle. Ho letto molto su via Rasella e non ho mai trovato nulla su dei musicisti. Discutere il "La Russa pensiero" dunque mi risulta difficile, anzi impossibile».
Il suo ultimo libro per Laterza riguarda la figura di Catilina, a chi assomiglia nella politica attuale?
«A nessuno, anche se qualche anno fa ci provò Berlusconi a paragonarsi dicendosi perseguitato dalla magistratura. A proposito di tradizione, quella storiografica è da sempre ostile a Catilina, ma se uno la osserva attentamente trova delle crepe. Per esempio c’è il tema della cancellazione del debito, che lui proponeva come programma sociale e che ancora oggi appesantisce l’Ue.