La Stampa, 1 aprile 2023
Intelligenza artificiale, lo stop dell’Italia
Un’intelligenza artificiale è ciò che mangia. E ChatGpt si sarebbe nutrita in modo illecito dei dati personali di milioni di utenti italiani per elaborare le sue risposte. Questo è il motivo per cui il Garante della privacy ha ordinato a OpenAi, la società statunitense che l’ha creata, di interrompere immediatamente la raccolta e l’uso di quei dati. Un provvedimento d’urgenza. Con effetto immediato. Altrettanto veloce la risposta di OpenAi: su Twitter, il Ceo della società Sam Altman ieri sera ha annunciato l’immediata sospensione del servizio in Italia. Questo il tweet: «Di certo ci atterremo alle scelte italiane: abbiamo smesso di offrire ChatGpt in Italia anche se pensiamo di rispettare tutte le leggi del Paese. L’Italia è uno dei miei Paesi preferiti e spero di tornare presto a visitarlo».
Il garante italiano ha deciso lo stop sulla base del «forte sospetto» che le informazioni pescate a strascico online e date in pasto a ChatGpt siano state prese in violazione della Gdpr, la legge europea per la protezione della privacy. Non solo. L’autorità ha contestato l’assenza di una base giuridica che giustifichi la raccolta e la conservazione massiccia di dati personali allo scopo di addestrare gli algoritmi. Il cuore stesso del funzionamento della macchina.
Il Garante italiano è la prima autorità al mondo a prendere una decisione di questa portata. Una mossa inedita. Decisa in autonomia sulla base della legge europea. Ma che potrebbe nelle prossime settimane portare a un confronto a livello comunitario tra autorità nazionali. Per dare sostanza alla propria tesi il Collegio del Garante per la protezione dei dati ha avviato un’istruttoria che dovrà stabilire se i sospetti sono fondati ed eventuali azioni da intraprendere.
La lente dell’Autorità si è mossa dopo che la società è stata vittima di una violazione di dati lo scorso 20 marzo. Ma si è subito allargata a temi più ampi. L’uso dei dati, la loro elaborazione, il fatto che non ci sia alcun filtro che garantisca che chi accede ai servizi come ChatGpt abbia più di 13 anni. Per Piazzale Venezia questo potrebbe esporre «i minori a risposte assolutamente non idonee al loro grado di sviluppo e di auto consapevolezza».
Ma c’è un altro tema che preoccupa il Garante. ChatGpt spesso dà risposte sbagliate sul conto delle persone su cui si chiedono informazioni. Quindi non solo è contestato l’uso dei dati, ma anche il loro «trattamento inesatto». Una falla nella apparente precisione matematica degli algoritmi che potrebbe compromettere la reputazione di persone senza che queste abbiano possibilità di modificare le informazioni sul proprio conto.
Il blocco italiano, comunque, sarebbe stato una misura temporanea. E avrebbe riguardato solo il trattamento dei dati dei cittadini italiani. ChatGpt avrebbe potuto decidere di assecondare le richieste del Garante e smettere di processare i dati degli italiani. Di conseguenza, se un utente avesse chiesto informazioni sulla vita di una persona, il chatbot avrebbe dovuto non rispondere nulla, o rispondere di non essere autorizzato a fornirle. Scenario piuttosto complicato da immaginare.
La notizia ha scosso la comunità italiana di sviluppatori che lavorano negli Stati Uniti: «Quando stamattina ho letto dello stop intimato dalle autorità italiane mi sono sentito male. Inevitabilmente rallenterà ulteriormente l’Italia che perderà tempo e opportunità rispetto agli altri Paesi».
Pietro Schirano è un designer dell’intelligenza artificiale che lavora a New York per Brex, società fintech, con molti anni alle spalle in Uber e Facebook. 34 anni, pugliese di Pulsano, provincia di Taranto, dieci anni fa si è trasferito negli Stati Uniti dopo una laurea al Politecnico di Milano. Raggiunto da La Stampa, non nasconde il suo scetticismo rispetto alla decisione del Garante: «ChatGpt è uno strumento rivoluzionario. Credo sia più potente dell’invenzione del telefono o di internet. La mossa dell’Italia è anacronistica. L’innovazione non si ferma con mosse unilaterali. E il futuro non sarà persone contro macchine, ma tra chi le usa e le capisce e chi no».
La decisione di San Francisco, ora, aggrava lo scenario. E da lì nelle prossime settimane potrebbe arrivare una nuova versione di ChatGpt. Gpt-5. Ancora più nutrita. Ancora più potente. L’Italia, però, non potrà usufruirne.