La Stampa, 1 aprile 2023
È diritto tenere per 110 giorni in detenzione preventiva Eva Kaili?
Chiedo: è diritto tenere in cella per centodieci giorni, in detenzione preventiva, Eva Kaili, ex vicepresidente del Parlamento europeo? È diritto averle fatto trascorrere le prime sedici ore in carcere senza riscaldamento e senza acqua? È diritto negarle gli arresti domiciliari e negarle di stare con la figlia che ha due anni? È diritto negare da quasi quattro mesi a una bambina di due anni il diritto di stare con la madre? È diritto tenere in carcere i bambini per non scarcerare le madri? È diritto negare a questi bambini il diritto minimo di crescere in case famiglia con le loro madri per il gusto di incarcerare madri sospettate di usare i loro figli per non andare in carcere? È diritto ma, soprattutto, è logica? È diritto, poiché è finita la pandemia, sottrarre la possibilità ai detenuti di fare una telefonata al giorno a casa, e tornare a una sola telefonata a settimana? È diritto o è burocrazia? È diritto o è vendetta? È diritto, poiché è finita la pandemia, proibire a un bambino o a un ragazzo di salutare ogni giorno il padre incarcerato? È diritto – come ha scritto qui ieri magnificamente Massimo Cacciari – vietare all’anarchico Alfredo Cospito di leggere la Bibbia poiché è sottoposto al 41-bis, il famoso carcere duro? È diritto vietargli di leggere la Bibbia perché lo si giudica ancora pericoloso? È diritto o è ferocia? Lo chiedo soprattutto alla premier, alla donna, alla madre e specialmente alla cristiana: è diritto? E lo chiedo a tutti noi, che ogni giorno chiediamo diritti: abbiamo il diritto di pretendere diritti, noi che davanti alla violazione del diritto, il più basilare, non battiamo ciglio?