Il Messaggero, 1 aprile 2023
Strage in famiglia a L’Aquila
Da un lato la "pianificazione", la scelta di un momento in cui la famiglia era al completo in casa, le auto riposte in garage e le tapparelle chiuse; dall’altro un biglietto che gli inquirenti giudicano farneticante o comunque ancora da decifrare. Due elementi che lasciano intuire l’angoscia, il tormento e la sofferenza di Carlo Vicentini, urologo 70enne, ex primario, docente universitario, professionista impeccabile, che molto probabilmente due notti fa ha deciso di uccidere tutta la sua famiglia, la moglie Carla di 63 anni, ex impiegata all’Asl dell’Aquila, i due figli Massimo di 43 e Alessandra di 36, nutrizionista all’ospedale di Teramo e poi di farla finita. L’Aquila è sconvolta da una strage che ha colpito una famiglia in vista, rispettata e apprezzata, ma evidentemente minata da un malessere profondo. In primis la condizione, grave, del figlio Massimo. Una distrofia progressivamente invalidante che lo costringeva sulla sedia a rotelle, con l’ausilio di un respiratore e tutto il corollario della complessa assistenza necessaria. Nonostante questo Massimo conduceva, soprattutto grazie ai genitori, una vita molto "attiva", tanto che era riuscito a laurearsi ed era impegnato in molti ambiti, compreso quello sportivo. Le sue condizioni, però, erano peggiorate (a gennaio un lungo ricovero) e, a detta delle persone più vicine alla famiglia, suo padre era terrorizzato dall’idea di poterlo perdere.
IL LAVORO
E poi c’è l’aspetto professionale. Vicentini era andato in pensione da un paio di mesi e a gennaio aveva sospeso anche la sua attività di docente universitario all’Aquila. Continuava la professione privatamente nello studio al piano interrato della sua villetta gialla nella frazione di Tempera, ma ovviamente nulla di paragonabile con la vita frenetica in ospedale, a Teramo, che in qualche modo riusciva anche ad allontanarlo dai problemi personali. Infine a segnarlo era stata anche la scia di lutti familiari: prima la cognata sotto le macerie del sisma 2009, poi i fratelli Gaspare e Alfonso, quest’ultimo in un incidente stradale.
Evidentemente logorato da tutte queste circostanze, Carlo due notti fa è entrato prima nella camera dove dormivano Massimo e la moglie e li ha colpiti a morte sparando con una pistola P38 che deteneva regolarmente. Poi è andato nella stanza della figlia, svegliata dal trambusto e l’ha freddata mentre era in piedi, forse solo al secondo colpo. Infine è andato nella sua camera da letto e si è ucciso. Su un biglietto ha lasciato frasi sconnesse, all’apparenza incomprensibili. Della strage nessuno si è accorto fino a ieri. I primi riscontri evidenziano gli ultimi accessi WhatsApp (in particolare della figlia Alessandra) intorno alle 2 della notte tra mercoledì e giovedì. Per tutta la giornata di giovedì la villetta è rimasta chiusa e silenziosa, ma il fratello di Carlo, Giovanni, ha raccontato di non aver dato peso alla cosa: «Mi aveva detto due giorni fa che con tutta la famiglia sarebbe andato al mare a Tortoreto. Ieri (ieri l’altro, ndr) ho provato a contattarlo senza ricevere risposta. Ho pensato fossero già partiti». Intorno all’ora di pranzo di ieri, però, alcuni vicini, in possesso delle chiavi secondarie, hanno deciso di verificare, allarmati da una domestica che non riusciva ad entrare in casa. Nessuno ha sentito gli spari. Le indagini della Polizia (anche con l’ausilio della Scientifica di Ancona) sono coordinate dal sostituto procuratore dell’Aquila Guido Cocco: si procede per omicidio plurimo. Gli accertamenti sono stati effettuati dall’anatomopatologo dell’ospedale Gemelli, Fabio De Giorgio. Per l’avvocato di famiglia, Emilio Bafile, la sofferenza di Vicentini «è arrivata all’estremo, le condizioni del figlio hanno pesato molto sulla sua esistenza». A rendere tutto più straziante l’immagine di Ken, il pastore tedesco che Massimo adorava, rimasto solo sulla terrazza, a gironzolare spaesato.