il Fatto Quotidiano, 1 aprile 2023
Debs, il candidato condannato prima di Trump
Eugene Victor Debs, del quale occorre trattare in relazione alla incriminazione di Donald Trump, ha un particolare collegamento con l’Italia essendo nato nel 1855 a Terre Haute, capoluogo della contea di Vigo, Indiana, Contea che deve il nome a Giuseppe Vigo, un italiano di Mondovì che si era grandemente illustrato nella Guerra di Indipendenza americana, Contea nella quale costantemente il candidato più votato è altresì il vincente a livello nazionale. Debs è stato il più importante esponente dell’allora significativo Partito Socialista Usa, in cinque occasioni (quasi un ‘perennial candidate’), nei primi due decenni del Novecento, nominato – salvo la prima volta quando corse per i Socialdemocratici – dello stesso movimento alla presidenza. Oppositore strenuo dell’intervento degli Usa nella Prima Guerra Mondiale (la Dichiarazione di guerra da parte del Congresso è datata 6 aprile 1917), fu arrestato nel giugno del 1918 per avere parlato pubblicamente contro il reclutamento, la qual cosa violava la Legge federale del precedente anno approvata per impedire manifestazioni del genere e affini (fino ad arrivare ovviamente allo spionaggio). Condannato a dieci anni di carcere, alle elezioni presidenziali del 1920, per quanto in galera, fu comunque designato appunto dal Partito Socialista e ottenne oltre il tre per cento dei voti popolari. Detto per inciso che fu successivamente graziato dal repubblicano Warren Harding (Woodrow Wilson non ne aveva voluto sapere), Debs è la dimostrazione (la più eclatante, perché altri candidati “minori” hanno percorso lo stesso iter elettorale con risultati di pochissimo conto) che negli States è possibile candidarsi perfino se detenuti cosa che con quasi assoluta certezza non capiterà a Donald Trump. Al quale, peraltro, l’incriminazione a iniziativa di un procuratore appartenente al Partito democratico e per reati di assai modesta portata può fare gioco –naturalmente, vedremo – compattando in una specie di ‘Round the Flag Effect’ (chiamata sotto la bandiera) le fila repubblicane cominciando da quelle già a lui più vicine. Certo è che alle votazioni del “primo martedì dopo il primo lunedì del mese di novembre” del 2024 manca molto tempo e cavalcare fino ad allora l’onda sarà problematico anche per un “surfista” notevole quale è l’ex presidente, il quale, non dimentichiamolo, sia pure perdendo, è stato in grado di raccogliere nel 2020 il maggior numero di suffragi mai ottenuti da un Gop.