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 2023  marzo 30 Giovedì calendario

Appalti, ecco il codice Salvini

“Semplificazione e rapidità sono valori importanti, ma non possono andare a discapito di trasparenza, controllabilità e libera concorrenza”: il nuovo Codice degli appalti approvato martedì in Consiglio dei ministri viene, ancora una volta, stroncato dall’Autorità nazionale anticorruzione e dal suo presidente, Giuseppe Busia. La norma, infatti, rende strutturali tutti i “liberi tutti” introdotti durante la pandemia. Un traguardo su cui mette la firma il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, per il quale la corruzione è solo una questione di tempo. Ieri ha sostenuto che velocizzando i tempi è più difficile che “il corrotto incontri il corruttore”. Tesi bizzarra se si tiene conto che il nuovo codice moltiplica le opportunità perché accada.
Si parte dall’affidamento diretto obbligatorio per gli appalti sotto i 150 mila euro per il quale, come ha detto ieri Busia, andrà “benissimo il cugino o anche chi mi ha votato. Soprattutto nei piccoli centri”. Si introduce, poi, la procedura negoziata senza bando: basteranno cinque inviti per gli appalti fino a un milione di euro e dieci inviti per gli appalti tra 1 e 5,4 milioni. Ancora una volta sarà semplice privilegiare alcune aziende rispetto ad alte sottraendo, secondo le stime, alla concorrenza il 98% dei lavori. “Si prenderà l’impresa più vicina, quella che conosco, non quella che si comporta meglio”, rileva l’Anac. Secondo il Sole 24 Ore si parla di un mercato che nel 2021 valeva 18,9 miliardi, tenendo conto delle 62.812 procedure per l’assegnazione di lavori pubblici di quell’anno: di queste, il 98,27% era sotto i cinque milioni di euro.
Ancora: i piccoli Comuni potranno procedere ad affidamenti diretti fino a 500 mila euro fungendo quindi da stazioni appaltanti. Le criticità sono le stesse già accennate, a cui si aggiunge il fatto che spesso questi enti locali non hanno personale qualificato per gestire appalti, lavori e acquisti di alto livello. “Così si spende molto di più del necessario e si buttano soldi pubblici e le pubbliche amministrazioni soccombono nella contrattazione con i grandi gruppi privati” spiega l’Anac. Questione che ci porta al cosiddetto “appalto integrato”, cioè l’affidamento di progettazione ed esecuzione allo stesso soggetto: saltano, in pratica, i confini tra controllore e controllato e lievitano i costi tra varianti ed estensioni. Come già spiegato dal Fatto, non è un inedito: era un pallino della legge voluta nel 2001 da Berlusconi e dal ministro Pietro Lunardi che aprì la stagione delle “Grandi Opere”, finita tra inchieste e lavori incompiuti, portando “ad appalti in cui era il privato a decidere tutto, anche sul piano pratico, a fronte di scelte dell’amministrazione che talvolta erano appena abbozzate” (parole dell’ex presidente Anac Raffaele Cantone). Oggi viene anche eliminata ogni soglia, consentendolo per qualsiasi tipo di appalto, anche per la manutenzione straordinaria.
Nella galleria dei mostri, non manca la liberalizzazione del subappalto, spacciato per un obbligo imposto dalle direttive Ue ma diventato a “cascata”, cioè con la libertà di subappaltare quanto già subappaltato, frammentando i cicli produttivi all’infinito e creando di fatto i meandri dove si annidano problemi di sicurezza, salari da fame e infiltrazioni criminali. La Fillea Cgil ha già annunciato che sabato sarà in piazza per protestare con la Uil. “Se la Cgil dice di ‘No’ vuol dire che siamo sulla strada giusta”, ha commentato ieri sui social Salvini. “Egregio ministro – ha replicato il segretario Alessandro Genovese – noi siamo il sindacato che ha firmato accordi per completare le opere che servono al Paese, anche lavorando 7 giorni su 7, h 24. Vogliamo spendere, ma vogliamo fare sia presto che bene. In pieno rispetto dei contratti collettivi edili e in piena sicurezza”.
Genovese spiega che liberalizzare i livelli di subappalto c’entra ben poco con i tempi di realizzazione: “I ritardi sono spesso nelle fasi amministrative. Non si velocizzerà ma si innescherà ulteriore concorrenza su chi paga meno e sfrutta di più, su chi risparmia sulla sicurezza, colpendo le imprese più strutturate e la vita degli operai. Spente le luci della comunicazione mediatica, potremmo anche parlarne. Ah… ma sul nuovo Codice degli appalti un tavolo con i sindacati non è stato fatto…”.