Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  marzo 30 Giovedì calendario

Biografia di Elettra

Beaucoup de mémoire surtout, “molta memoria soprattutto”. Con queste parole, in Électre, il commediografo francese novecentesco Jean Giraudoux ha stigmatizzato quella che forse è la principale caratteristica di una delle più celebri e rivisitate figure della mitologia greca, Elettra, figlia di Agamennone e Clitennestra. La memoria, appunto. Che si tramuta in rovello e tormento, si fa ossessione, pensiero fisso, che non dà un attimo di tregua. E diventa il filo rosso capace di tenere insieme opere antiche e moderne, leitmotiv su cui lei per prima insiste.«Attendo, e non dimentico». Elettra, custode implacabile del ricordo del padre assassinato, non può né vuole dimenticare. Resta il suo, un dolore disperato e sempre presente, privo di argini, nutrito di memoria, d’amore e di odio, che sfocia in una furiosa ansia di giustizia. O meglio, un “farsi giustizia”. Solo la vendetta – altro tema ineludibile – può infatti restituirla a sé stessa, pacificando in qualche modo sia lei sia il morto. Speculari alla vendetta, stanno la colpa, il rimorso, la persecuzione, il castigo, l’espiazione.LA SAGADi questi ingredienti è impastata tutta la saga degli Atridi, rigonfia di sangue, amore e morte, omicidi familiari, efferatezze. Di Atreo è infatti figlio quell’Agamennone re di Micene, che viene ucciso a tradimento al ritorno dalla guerra di Troia dalla moglie Clitennestra con l’aiuto dell’amante, Egisto. Clitennestra ha voluto così vendicare il sacrificio di un’altra figlia, Ifigenia, ordinato molto tempo prima dallo stesso Agamennone per favorire la navigazione della flotta greca verso l’Asia minore. Insieme a lui è perita sotto i colpi Cassandra, principessa troiana celebre per i suoi inascoltati vaticini. Morto il padre, fuggito il fratellino Oreste per timore di un altro assassinio, Elettra è rimasta sola nel palazzo reale. La madre ed Egisto regnano e la isolano, non vogliono che prenda marito, anche se alla fine – in alcune versioni – la faranno sposare a un contadino. Quando infine Oreste torna a Micene insieme al cugino Pilade per vendicare la madre, Elettra lo istiga. «Fermati figlio, abbi rispetto di questo seno», grida invano Clitennestra. Commesso il duplice omicidio, i giovani fuggono: dopo alterne vicende, vengono salvati dal deus ex machina, l’intervento di un dio; poi secondo alcuni Elettra sposa Pilade.I DRAMMILa sua vicenda, quella di Oreste, il matricidio sono stati declinati in molti modi e in tante epoche. Se ne sono occupati innanzitutto gli antichi. Ne ha scritto fra la fine del VII secolo a.C. e l’inizio del VI il poeta lirico della Magna Grecia Stesicoro nell’Orestea. La storia è stata quindi recuperata dai tre grandi tragediografi: Eschilo, nella trilogia Orestea (composta da Agamennone, Le Coefore, Le Eumenidi), Sofocle e Euripide con le tragedie che da lei prendono il nome. Eschilo l’ha immaginata piena di odio verso gli assassini e di amore verso il padre.L’ORACOLOIl tragediografo, però, si è concentrato su Oreste – che ha avuto da un oracolo l’ordine di vendicare la madre – e sul limite che deve avere la libertà di azione. Dopo il delitto, Oreste viene perseguitato dalle Erinni: solo l’intervento dell’Areopago, il tribunale voluto da Atena e composto da dodici giusti, porrà fine al suo tormento, assolvendolo con il voto decisivo della dea stessa. Sofocle e Euripide, invece, hanno dato più risalto ad Elettra, al suo rancore verso la madre, alla sua inflessibilità in nome del padre, alla sua solitudine. La fanciulla ricorda un’altra eroina mitica, Antigone, che, pur di seppellire il fratello, viola le leggi della polis e finisce per morire.Ma Elettra non ha affascinato solo gli antichi. Di lei hanno scritto una sfilza di moderni fra cui Vittorio Alfieri nelle tragedie Oreste e Agamennone, Eugene Gladstone O’Neill con il dramma Il lutto si addice ad Elettra (ambientato durante la guerra di Secessione americana), Marguerite Yourcenar con Elettra o la caduta delle maschere.E ancora Gabriele D’Annunzio, Jean-Paul Sartre ne Le Mosche, Sylvia Plath con Electra on Azalea Path. Per non parlare dell’opera: nell’Idomeneo, Mozart la manda a Creta, facendola innamorare di Idamante. E Richard Strauss si basa sull’Elektra di Hugo von Hofmannsthal per scrivere l’opera omonima. Anche il cinema è caduto vittima del suo carisma: Irene Papas ne ha vestito i panni in Electra, Miklós Jancsó ha realizzato il lungometraggio Elettra, Amore Mio. La psicanalisi ha attinto a piene mani nel mito: ha cominciato Freud, ha proseguito Jung, contrapponendo il “complesso di Elettra” a quello “di Edipo”.LA TRACCIAA dimostrazione del fatto che a rimanere impresse nell’immaginario collettivo, a lasciare una traccia profonda che dal passato arriva ai giorni nostri non sono solo le figure realmente esistite, ma anche quelle mitiche. I nostri archetipi sono spesso da ricercare nell’antichità, greca o latina. Nelle Memorie di Adriano, Marguerite Yourcenar fa dire all’imperatore: «Tutto quel che ciascuno di noi può tentare per nuocere ai suoi simili, o per giovare loro, è già stato fatto da un greco i nostri vizi, le nostre virtù hanno modelli greci».