Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  marzo 30 Giovedì calendario

Intervista a Nicolas Cage

Un Dracula datore di lavoro esigente e narcisistico. È così che Nicolas Cage descrive il suo vampiro nel film Renfield, diretto da Chris McKay, che vede protagonisti Nicolas Hoult nel ruolo del titolo e Cage nei panni del famosissimo vampiro. Il film debutterà in America il 30 marzo, all’Overlook Festival di New Orleans, per arrivare in Italia a maggio ma un’anticipazione è arrivata dal Miami Film Festival, durante il quale Nicolas Cage è stato premiato con il Variety Legend & Groundbreaker Award per la sua carriera, lunga quasi mezzo secolo: «Ho iniziato a 15 anni, sono 45 anni che faccio questo mestiere, ho visto tanti cambiamenti a Hollywood eppure mi sento ancora uno studente. Mio padre era un insegnante e questo, quello dello studente, è il punto di vista che mi fa continuare a fare questo mestiere con interesse e curiosità, perché se io stesso perdessi interesse, se mi sentissi arrivato, rischierei di annoiare il mio pubblico».
Il mondo del cinema in quarantacinque anni è cambiato moltissimo.
«È vero. Non sono contrario al cambiamento. Lo streaming per esempio. Credo che il luogo sacro per i film continui ad essere la sala cinematografica e sono felice quando vedo la gente al cinema, ma c’è anche un valore nel guardare un film a casa, oggi, in famiglia. È un valore che abbiamo imparato ad apprezzare soprattutto con la pandemia».
E la tv? Lei è uno dei pochi attori che non si è ancora visto in una serie televisiva.
«Non ho mai guardato la televisione ma recentemente mio figlio, 17 anni, mi ha consigliato di vedere Breaking Bad, l’ho fatto e che dire? È grandioso, recitato benissimo e sì, capisco che ci siano dei vantaggi a fare televisione. Se tu hai tempo puoi passare cinquanta minuti a guardare una valigetta, o fare un’intera puntata su una mosca che vola in un laboratorio di metanfetamine. Non puoi farlo con un film perché hai solo due ore a disposizione, tre al massimo. Così recentemente mi è capitato di pensare che sì, forse è giunto anche il momento di fare televisione».
Intanto però al cinema arriva Renfield. E lei interpreta Dracula.
«Renfield non è la storia di Dracula. È la storia di una relazione tossica fra Renfield, l’aiutante di Dracula, e lui, il suo datore di lavoro. Renfield è interpretato dal bravissimo Nicholas Hoult e nel cast c’è anche Awkafina. Di solito il personaggio di Renfield nei film di Dracula è sempre dipinto in maniera grottesca. In questo caso invece è affascinante e divertente, è un punto di vista diverso. E anche Dracula è diverso, ha aiutato il trucco, i denti di ceramica. È stato divertente».
Chi è Dracula? Cosa rappresenta?
«Per me è esilio e amore. Lui ama ma non è mai ricambiato. Se ami e sei sempre respinto, è normale che le cose finiscano male».
Come sceglie i copioni dopo 45 anni di carriera?
«Mi piacciono i ruoli che mi permettono di attingere al mio bagaglio emotivo così che la recitazione sia ridotta al minimo. Mi è capitato recentemente con un piccolo film chiamato Pig. Anche la paura aiuta. Se hai paura di un ruolo, allora è il momento di farlo. Perché ti permette di alzare l’asticella. Di non rilassarti».
Tipo?
«Salire su un palco, recitare a teatro, per esempio. L’ho fatto a scuola, ma non credo conti. Però anche quella recita scolastica mi fece molta paura e forse è giunto il momento di farlo davvero, da grande. C’è un che di liberatorio nel raccontare una storia dalla a alla zeta, senza interruzioni. Ma devo dire che i miei eroi sono quelli al cinema, James Dean, per esempio».
La sua prima memoria in una sala?
«Ricordo la prima volta che capii di voler fare questo mestiere. Ero al Beverly Cinema, a Los Angeles, avevo 15 anni e vidi James Dean in Gioventù Bruciata. Ricordo una scena in cui lui va in escandescenze perché viene rifiutato dal padre. Piange e non sembra affatto che stia fingendo. James Dean piangeva e io piangevo con lui, e ricordo di aver pensato: è questo che voglio fare nella vita».
E oggi? Nessun momento di stanchezza?
«Certo, ci sono, ma non mi è mai mancata la speranza. Che dietro l’angolo ci sia qualcosa di interessante, un giovane filmmaker con una idea grandiosa capace di accendere il mio interesse».
Per cosa la fermano i fan per strada? Per quali titoli?
«Soprattutto Stregata dalla luna, Face/Off, Arizona Junior».
Ha un genere cinematografico preferito?
«Mi piacciono i film che raccontano storie semplici, quelli che narrano persone ordinarie con la volontà di migliorare la loro vita o soccombono sotto il suo peso. Amo anche i film horror».
Riesce a capire in anticipo quando un film funzionerà?
«Assolutamente no. C’è sempre un elemento imprevedibile con cui devi fare i conti. Io lo chiamo il dio del cinema».