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 2022  settembre 16 Venerdì calendario

Su "L’ultima diva" di Flaminia Marinaro (Fazi)

Cronache da una leggenda: Francesca Bertini, al secolo Elena Vitiello. La sua vita coincide con la storia del cinema. Fascino e mistero, a cominciare dalla data di nascita: 1888 o 1892? Gli occhi "color caffè", i celebri cappelli a tesa immensa (come immense e colorate erano le piume di struzzo che li ornavano) e gli abiti con i profondissimi spacchi sulla schiena, e i profumi esotici, e il fumo della sigaretta. Scoperta da Eduardo Scarpetta - che inventò per lei il nome d’arte - il mondo intero se ne innamorò, e molti cascarono ai suoi piedi, a cominciare da Salvatore Di Giacomo che la lanciò in Assunta Spina, fino a Guglielmo Marconi, che fu gentilmente respinto. D’altra parte, fu lei a inventare la donna fatale che si attacca alle tende e getta indietro la testa. Orio Vergani, che se la trovò dinnanzi nel 1923, scrisse che era di una bellezza lunare: "Era bella come una canzone napoletana", e così fascinosa che Eleonora Duse e Colette si nascondevano nei palchi per ammirarla.

In questa materia straordinariamente chiaroscurale ha immerso la penna Flaminia Marinaro per ricostruire, romanzescamente ma neppure tanto, la vita della prima divina della storia. Partendo, però, da un osservatorio privilegiato: "Francesca era amica di mio padre, avvocato, che forse l’aveva anche assistita per alcune faccende; e prima era stata amica di mio nonno, avvocato anche lui. Quando ero ragazzina negli anni Settanta, fino alla sua morte nel 1985, zia Checca, come la chiamavamo noi, veniva a pranzo e ci raccontava la sua vita. Ogni gesto, ogni parola era un teatro". L’ultima diva - racconto rapido, fremente, senza fronzoli - è il frutto di memorie personali alle quali Marinaro, giornalista, conduttrice radiofonica, ha associato ricerche d’archivio nella storia del cinema muto, di cui la Bertini fu assoluta protagonista: Cabiria, La signora delle camelie, Eugenia Grandet, La donna nuda, La serpe: "Li giravano in cinque giorni, un settimana, settecento metri di pellicola senza un taglio, in dieci anni ne fece più di duecento". Lavorò con tutti i grandi pionieri, Alberto Collo, Gustavo Serena, i registi Baldassarre Negroni e Nino Oxilia. Solo Lyda Borelli, altra femme fatale indimenticabile, gareggiò con lei: ma nel romanzo prendono vita altre divine che l’oblio ha risucchiato, come Hesperia, Pina Menichelli, Maria Jacobini.

"Il racconto della sua vita è sempre stato, diciamo così, cangiante, variopinto e teatrale" dice Marinaro: "Non è mai veramente scesa dal palcoscenico, neanche a novant’anni. Era sempre perfetta, con questi capelli cotonati, e continuava a recitare: prendeva un tovagliolo, lo sventolava e declamava. Ma era una donna con mille contraddizioni: ho dovuto fare una quadra tra i suoi racconti e i documenti per arrivare a una verosimiglianza. Una volta diceva che era giunta vergine al matrimonio, l’altra volta che era una mangiatrice di uomini". Il romanzo è costellato di scene ardenti, amori segreti, trionfi e cadute verticali. Era davvero così bella? "Era più fascino che bellezza. Queste attrici facevano impazzire per il fatto di essere disinvolte e disinibite: erano donne libere. Nella sua autobiografia si descriveva come una puritana, ma poi diceva che spesso non aveva indossato la biancheria intima. Era la fine della Belle Époque, quando le ballerine, le artiste, erano considerate quasi prostitute, loro invece sono state le prime a rompere lo stereotipo".

Dal romanzo esce il ritratto di una donna fondamentalmente sola: "È vero: tutto quello che ha fatto nella sua vita lo ha fatto da sola. Dirigeva tutto, attori, attrici, scriveva sceneggiature firmandosi Frank Bert, volle la sua casa di produzione. E quando finalmente decide di sposarsi, rifiutando l’offerta di un milione di dollari dalla Fox, sceglie l’uomo sbagliato, Alfred Paul Cartier, un conte svizzero. Da quel momento, primi anni Venti, la sua carriera va in declino. È vero che l’avvento del sonoro avrebbe cambiato tutto, però lei era ancora giovanissima. Invece il matrimonio la travolge. Aveva creduto di sposare un uomo molto abbiente, come era accaduto a Lyda Borelli con il conte Cini, invece prese un abbaglio: Cartier in qualche modo depauperò il suo patrimonio - lei era diventata ricchissima, miliardaria, tanto da acquistare la lussuosa villa Mirafiori a Roma - e poi la lasciò. Francesca riuscì comunque a  vivere di rendita in Spagna per anni. Quando tornò in Italia, dopo la Seconda guerra mondiale,  andò ad abitare in un appartamento ai Parioli molto modesto, quasi un seminterrato. Ma continuava a ricevere al Grand Hotel, sperando di illudere chi andava a trovarla. Fino all’ultimo ha voluto dare quell’immagine".

Marinaro non ricorda però una vecchia diva amareggiata dalla vita: "Affatto, ci ripeteva sempre: mai abbiate rimpianti! Se una cosa accade è perché deve accadere. Non si è mai disperata per quello che non era accaduto. Era molto ironica. Quando se ne andò da Venezia perché il conte Volpi di Misurata si era stancato di ospitarla, lei disse che la Laguna le faceva venire i reumatismi!". Era la fine degli anni Trenta, e Francesca tentò l’ultima rentrée, ma poi fu dimenticata. Per riapparire all’improvviso negli anni Settanta per una piccola parte in Novecento: "Ricordo che quando Bernardo Bertolucci la chiamò fu un fulmine a ciel sereno" racconta ancora Marinaro. "Le chiese di interpretare una vecchia suora. Lei stava quasi per rifiutare, l’idea di recitare senza trucco, con un velo in testa...  alla fine accettò e ci rimane quel cameo.  Credo che Bertolucci l’abbia scelta proprio per la sua storia, per rendere omaggio al cinema da cui proveniva".

Eppure Francesca giurava di aver fatto decine di film senza mai truccarsi, passandosi solo sugli occhi il nero della punta di un cerino... "Ma no, si truccava eccome!" sorride Marinaro. "Quando veniva a pranzo a casa nostra, tirava fuori lo specchietto e si ritoccava il rossetto prima ancora che finissimo di mangiare. Era sempre super truccata. Era molto frivola alla fine, ti diceva tutto e il contrario di tutto a seconda del momento. La verità non la sapremo mai, forse non se la ricordava neanche lei...". E lei, chi pensa che fosse, in fondo, Francesca Bertini?  "Una ragazza semplice di Napoli che era riuscita a diventare una gran dama. Riuscì a superarsi in maniera straordinaria".