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 2023  marzo 29 Mercoledì calendario

Armi vecchie pagate per nuove: l’Estonia abusa del fondo Ue

I Paesi baltici hanno inviato in Ucraina i residui dei propri arsenali sovietici e chiedono a Bruxelles di finanziare il costo per riempire i propri depositi con nuove armi occidentali. A rivelare le esose richieste di rimborso, centinaia di milioni di euro, è stato il sito Politico.eu che ha raccolto le lamentele di sette diplomatici Ue, tutti rimasti nell’anonimato. Le accuse sono rivolte in particolare contro un Paese: “Quello che fanno gli estoni è inviare materiale vecchio, che non è più in produzione, e poi chiedere il rimborso a prezzo di mercato di alternative moderne”.
Dopo l’invasione russa, l’Ue ha istituito il fondo European Peace Facility (Epf), con una liquidità di 2 miliardi di euro usati per finanziare l’acquisto di armi per l’Ucraina. Ma Bruxelles, finora, non ha fatto contratti diretti con le aziende della difesa: la Commissione ha preferito impostare un sistema di rimborsi. Secondo i dati dei sei Paesi a cui ha avuto accesso Politico, ci sono già richieste per circa 270 milioni di euro, metà dei quali destinati all’Estonia. Tallinn avrebbe presentato giustificanti per 160 milioni di euro, di cui l’Ue rimborsa per convenzione l’86%.
Il primo ministro estone, Kaja Kallas, chiede da mesi un maggiore supporto militare europeo all’Ucraina: il suo Paese ha trovato il modo di farlo a spese di Bruxelles. Tra i documenti riservati del Servizio europeo per l’azione esterna (Eeas) si legge che i Paesi che hanno calcolato i risarcimenti per armi vecchie al prezzo di nuove forniture sono: Finlandia (ha chiesto il 100% del valore del nuovo), Lettonia (99%), Lituania (93%), Estonia (91%), Francia (71%) e Svezia (26%). Per spiegare come funziona lo schema, un diplomatico Ue ha fatto questo esempio: “Hanno inviato gli Strela (vecchi missili terra-aria sovietici) in Ucraina, ma hanno chiesto il rimborso per i moderni Stinger, che ovviamente hanno maggiori capacità e hanno un prezzo molto più alto. Questo è anche il motivo per cui il sostegno militare dell’Estonia sembra essere molto più alto pro-capite di quello di altri Paesi nelle statistiche citate da tutti”.
Da Tallinn hanno risposto con una nota del ministero della Difesa: “L’Estonia non ha mai avuto missili Strela. Quindi l’Estonia non li ha inviati in Ucraina, né l’Estonia ha mai posseduto o acquisito Stinger”. Ma nel comunicato non viene smentito il metodo di calcolo dei rimborsi che, secondo il Paese baltico, “è completamente conforme alle regole e si applica nel caso in cui la produzione dell’attrezzatura donata sia terminata e il ripristino della sua capacità sia importante dal punto di vista della difesa nazionale”. Il principio di rimpiazzare il materiale bellico è stato introdotto dagli alleati Nato per facilitare la controffensiva ucraina della scorsa estate. I militari di Kiev non erano, e in buona parte tuttora non sono, addestrati a usare armi di tipo occidentale. Conoscono invece quelle di produzione sovietica.
Quindi i Paesi che avevano negli arsenali residui degli anni 80 hanno inviato tutto il possibile a Kiev. In diversi casi alcuni Stati hanno mandato le proprie armi come rimpiazzo di quelle regalate agli ucraini. È il caso dei vecchi carri armati sovietici T-92 che la Grecia ha inviato all’esercito ucraino, ricevendo in cambio i ben più moderni Leopard dalla Germania. Ma è avvenuto anche con la Polonia, la Slovacchia, persino il Marocco si è detto disponibile a inviare a Kiev alcuni tank di quasi 60 anni fa, con la promessa di riceverne di più aggiornati. Attraverso l’Epf l’Unione europea vuole centralizzare questi movimenti, dividendo i costi per il riarmo dei donatori tra tutti gli Stati membri.
Dallo stesso fondo vengono anche finanziate le nuove armi, principalmente munizioni, che Bruxelles vuole inviare a Kiev. Il primo ordine di un milione di colpi da 155 mm, al costo di 500 milioni di euro, è stato approvato la settimana scorsa. Queste munizioni sono di tipo occidentale, ma la richiesta di armamenti di tipo sovietico non si è fermata, anzi. Le aziende della Difesa stanno riattivando vecchie linee di produzione di armi, anche qui principalmente munizioni, in Bulgaria. Tutto sempre a essere messo in nota spese e finanziato con i soldi dell’Unione europea.