la Repubblica, 29 marzo 2023
Migranti, tre su quattro sono solo di passaggio in Italia
Hamed arriva al presidio di Baobab Experience con occhi stanchi e impauriti. Ringrazia i volontari per quel sacco a pelo e quei prodotti di prima necessità che gli consentiranno di sopravvivere in strada un po’ di giorni e dice. «Ho 21 anni, sono somalo, sono riuscito ad arrivare in Sicilia due settimane fa dalla Libia al secondo tentativo, mi sono subito allontanato e sono arrivato in treno a Roma. Ora vado a Ventimiglia e da lì in Francia a raggiungere un amico che mi aiuterà».
Niente registro europeo per Hamed, niente identificazione né impronte e soprattutto niente accoglienza. E come lui sono migliaia i migranti che sbarcano in Italia e filano via come fantasmi. Accade da anni, soprattutto nei periodi come questo di flussi inarrestabili che le procedure di prima accoglienza siano spesso distratte e ci si giri dall’altra parte per favorire la fuga a piedi, verso un treno, un bus, un’auto con unpasseur. L’unico modo (naturalmente non dichiarato) per aggirare quel regolamento di Dublino che nessuno in Europa sembra aver voglia di cambiare e che condanna l’Italia a sostenere il peso di un’accoglienza che, adesso, non sembra in grado di gestire. E allora ecco che, come per incanto, tre su quattro dei 27.000 migranti sbarcati sulle nostre coste nei primi tre mesi dell’anno non si dove siano finiti. Ce lo conferma il confronto tra i numeri dell’accoglienza: nei nostri centri al 31 dicembre 2022 c’erano 107.268 persone, al 15 marzo (ultimo dato ufficiale del Viminale) ce n’erano 110.827, dunque appena 3.500 in più ma a fronte (alla stessa data) di 20.000 arrivi.
E gli altri? Irrilevante il numero delle redistribuzioni in Europa, fatto salvo il fisiologico ricambio nell’accoglienza (non più di un migliaio di persone) possiamo dire che di almeno 15.000 migranti si sono perse le tracce. Molti saranno già riusciti ad oltrepassare i valichi di frontiera verso Francia e Austria, moltissimi altri sono ancora in Italia in attesa di farlo e dormono per strada. Perché il sistema (dai Cas agli alloggi diffusi nei piccoli centri) è in implosione e anche la primissima accoglienza, come dimostrano i bimbi senza scarpe nell’hotspot di Lampedusa, non riesce a far fronte al ritmo degli arrivi. Al Viminale, per il momento, non è in programma l’adozione di misure straordinarie, Piantedosi esclude l’utilizzo di caserme, ma siamo ancora a marzo e con gli arrivi quadruplicati e l’estate alle porte, si valuta il possibile ricorso a tensostrutture adeguate nei porti di sbarco e il noleggio di navi per garantire trasferimenti immediati da Lampedusa alla terraferma.
Le richieste d’asilo in Europa nel 2022 confermano che l’Italia per la maggior parte di chi sbarca è un Paese di passaggio e spiegano perché la strada verso un vero cambio di passo dell’Europa è tutta in salita: l’Italia pretende solidarietà ma Germania (217.735), Francia (137.510) e Spagna (116.135) hanno gestito richieste d’asilo due o tre volte maggiori rispetto alle 77.200 dell’Italia. Da dove i migranti scappano anche per le non certo ottimali condizioni dell’accoglienza.
Da mesi ormai, i prefetti raschiano il fondo del barile, i bandi per la gestione dei centri vanno deserti. «L’accoglienza – spiega Filippo Miraglia di Arci – è fuori controllo per mancanza di programmazione. Mancano i posti perché le associazioni del Terzo settore che svolgono questo lavoro con competenza si rifiutano di farlo senza servizi e con un compenso procapite troppo basso (da 21 a 40 euro) per sostenere le spese. Siamo associazioni senza fini di lucro ma non possiamo perderci. Anche per i minori (dove invece le cifre salgono a 100 euro) la gestione è impossibile. Dobbiamo affittare degli appartamenti per ospitarli, ma lo Stato ci paga a presenza al giorno. E se poi, come succede quasi sempre, questi ragazzini scappano le spese restano a nostro carico».