La Stampa, 29 marzo 2023
Chi sono e Quanti sono gli hikikomori
La vita in una stanza. Ragazzi in fuga da loro stessi e dal mondo. Nel progetto del Gruppo Abele 35 maschi, 14 femmine e una persona non binaria. Ognuno con fragilità nel relazionarsi con coetanei e adulti, ma non “asociali”, come si può pensare in modo semplicistico. Tant’è che, seppur ritirati nelle proprie stanze, coltivano rapporti virtuali che considerano forme autentiche di relazione con gli altri. Le proiezioni parlano di circa l’1, 7% degli studenti totali (44. 000 ragazzi a livello nazionale) che si possono definire Hikikomori, mentre il 2, 6% (67. 000 giovani) sarebbero a rischio grave di diventarlo. Dal Cnr arriva il primo studio in Italia che misura le dimensioni del ritiro sociale nella popolazione studentesca. L’indagine fotografa un disagio relazionale che coinvolge sia la famiglia sia il mondo esterno. Ragazzi che si isolano, per periodi più o meno lunghi, proprio per sfuggire l’insostenibile fatica dei rapporti.
Cercano di annullare, attraverso l’isolamento, ciò che li mette maggiormente in difficoltà: lo sguardo altrui e le ansie, le emozioni negative. Sbagliato pensare che la soluzione possa essere costringerli ad uscire o staccare internet. Sono escamotage che provocano l’effetto contrario. E la pandemia ha peggiorato il quadro. Il Giappone stima un milione di casi. E i modelli di successo iper-competitivi fanno sentire inadeguati gli under 25 che vivono un eterno presente. Ogni storia comincia con una scelta di fuga. Chiudono la porta di casa, vivono a modo proprio. A Tokyo bar riservati a loro. Sedie e sgabelli rivolti verso il muro: chi ci va non parla con nessuno. Non è una malattia da curare con un farmaco. Uscirne richiede l’appoggio dei genitori. Racconta un “autorecluso": «Per uno hikikomori l’inverno è doloroso. Fa freddo, si gela, e io sono triste. Per uno hikikomori anche la primavera è dolorosa. Sono tutti euforici e io sono invidioso. L’estate, poi, è dolorosa da morire».