Corriere della Sera, 29 marzo 2023
Pochi scudi e farina all’archistar Palladio
«Per i lavori alle Logge del Palazzo della Ragione, Palladio guadagnò 5 scudi d’oro al mese pari, in valore, ad un taglio di lana da giubba di alta qualità o a quasi due maiali (1,82) di media grandezza. Il costo del suino variava, a seconda del peso, da uno a sette/otto ed anche nove ducati; quello medio e comune, chiamato mezanotto, valeva all’incirca poco più di tre ducati». Oddio, spiega Gianpietro Olivetto nel libro Andrea Palladio. La famiglia, l’opera, il suo tempo edito da Itinera Progetti, non è che tutti gli architetti dell’epoca fossero pagati così poco. Lui sì, però. Perfino per la celeberrima Basilica Palladiana.
Al punto che, pur essendo destinato a incantare Wolfgang Goethe alla vista de La Rotonda di Vicenza («Forse mai l’arte architettonica ha raggiunto un tal grado di magnificenza»)», a esser onorato mezzo millennio dopo dal Congresso degli Stati Uniti come «Padre dell’architettura americana», a plasmare la cultura della villa veneta fino ad avere centinaia di imitazioni più o meno riuscite in giro per il pianeta (la sola Villa Almerico Capra vanta in tre continenti un’ottantina di copie, scrive Olivetto), non ebbe mai i soldi per comprarsi una casa propria.
Passò infatti, annota il biografo, lui pure vicentino, tutta la vita in affitto o ospite di qualche committente, tirandosi dietro l’intera famiglia, cioè la moglie Allegradonna figlia di un falegname e i cinque figli, in abitazioni spesso più che modeste in accecante contrasto con le dimore che era chiamato a ideare. Nel 1550, ad esempio, torna a Vicenza perché il ricco «Girolamo Chiericati vuole un palazzo nella piazza dell’Isola, vicino ai mercati del bestiame e del legname, alla riva del Bacchiglione e al porto fluviale che collega la città berica con Padova e Venezia».
Una commessa importante, accanto al (sempre palladiano anche se finito da Vincenzo Scamozzi) Teatro Olimpico. Bene: «Palladio riceve quattro scudi d’oro “per... la pianta in carta et fare il disegno de la fazada” e altri dodici (in sette rate) per la direzione del cantiere, ipotizzato della durata di due anni. Il progettista ottiene anche una piccola porzione di compenso in natura: un carico di legname, frutta, verdura e farina». Una parcella più contenuta, diciamo, rispetto a quelle di certe archistar di oggi...