Corriere della Sera, 29 marzo 2023
Elena Di Cioccio è sieropositiva
Per ventuno anni è stato un segreto, pesante come un macigno. Ora Elena Di Cioccio, attrice e conduttrice, ha deciso di liberarsi del fardello che l’ha costretta a diventare nel tempo mille persone, tutte diverse da quella che è davvero. Per stare bene, era necessario raccontare la sua verità: «Ho 48 anni e da 21 sono sieropositiva. Ho l’Hiv». Lo ha detto ieri alle Iene. Lo racconta senza il minimo sconto, nel libro in uscita il 4 aprile, Cattivo Sangue (Vallardi), in cui ricapitola una vita clamorosamente fitta di sfide e dolori. «Oggi non ho rimpianti e non sono più arrabbiata», spiega.
Per metà della sua vita ha nascosto di avere l’Hiv. Ora lo rende pubblico, scrivendoci anche un libro. Perché?
«Dopo anni passati divisa tra paura e rabbia, non mi sento più in difetto. Io sono questa e non voglio più nascondermi. Quando incontro ogni persona mi domando se, come e quando dire che sono sieropositiva: ora lo do per fatto, una volta per tutte».
Negli anni ha confidato il suo segreto a poche persone.
«E ho sperimentato ogni tipo di reazione: fuga, compassione, rabbia. Ma il problema è come sto io rispetto a questa cosa. La medicina ha fatto finire l’epoca dell’alone viola, della paura: per voi e per noi».
Può spiegare meglio?
«Quindici anni fa: mi taglio la mano a teatro, esce sangue. Si avvicinano per aiutarmi e io urlo: “No, non mi toccate”. Cavolo che brutto carattere. Oggi la medicina dice che siamo pazienti cronicizzati: in nessun modo io posso contagiare qualcuno. Un sollievo».
Eppure, sostiene, su questa malattia persiste lo stigma.
«La comunicazione è ferma al 1989. Io ero una scrupolosa, eppure è successo. Mi colpiscono le signore su con l’età che ho visto in cura, nei reparti dedicati. Mi si spezzava il cuore: si guardavano attorno come alieni al cospetto di una cosa che le terrorizzava. Non era il loro posto, e invece è un posto anche per loro».
La malattia ha pesato sul suo desiderio di diventare mamma, scrive nel libro.
«Oggi una donna sieropositiva negativizzata può rimanere incinta. Prima non era così: serviva un passaggio tecnico, pianificare. Fa male».
Nel libro parla anche della sua infanzia: è figlia del leader della Pfm Franz di Cioccio e della manager Anita Ferrari. Si è spesso ritrovata sola, senza sapere con chi si sarebbe svegliata, travolta dalle liti.
«La loro separazione, non facile, non ha aiutato. Sono cresciuta prima e dei buchi sono rimasti. Il mio intento non era sparare contro i miei, ma raccontarmi».
Sua mamma si è tolta la vita dopo che ci aveva già provato in passato. Come si può processare un simile dolore?
«Processare il dolore non è uno sport per tutti e mia mamma aveva stratificato una quantità di dispiaceri grande. Se la sono portata via».
Suo fratello è morto soffocato. Aveva tre anni.
«Scriverlo era necessario per raccontare mia mamma».
Cosa le aveva detto dopo il primo tentativo fallito?
«È un inciampo che fanno tanti quello di dire a qualcuno che soffre così: se mi vuoi bene smetti. Il problema è che non vogliono bene a loro stessi. Io a un certo punto ho capito che ero come lei e, nel suo primo Tso, le ho detto: ti devo lasciare andare. Mi ha risposto: hai ragione. Quando poi è successo, in qualche modo ero pronta. Mi ero già detta: arriverà il giorno che lo farà e la mattina in cui ho trovato tutti i messaggi sul telefono, ho capito prima di leggerli».
Ha sperimentato diverse dipendenze.
«La dipendenza crea benessere e ti impegna, pure per cercare di uscire dal buco».
Uscire da quello della cocaina non è stato semplice.
«Ringrazierò mia mamma a vita per avermi fatto sentire il peso di quello che stavo facendo. A un matrimonio sono uscita dal bagno e me la sono trovata davanti: tu che sei su di giri non ti accorgi ma da fuori si vede tutto benissimo. Lei mi ha detto solo: no, anche tu no. Era così spaventata, addolorata e impotente che mi è passata attraverso».
Ha avuto relazioni tossiche in cui veniva anche picchiata.
«Se sei in anoressia di affetto anche uno che alza la voce o peggio ti dà attenzione».
In quegli anni ha pensato di farla finita. È più capitato?
«Non così. Uno degli effetti collaterali dei miei farmaci è il disturbo dell’umore: se capita di svegliarmi con pensieri tristi, do loro una carezza ed esco».
Per suo papà non sarà semplice leggere il libro.
«Ho deciso di preoccuparmi solo di me. Con papà non abbiamo rapporti, ognuno è andato per la sua strada. Ma c’è sempre domani, chissà. Quello che spero ora è di essere finalmente me stessa».