Corriere della Sera, 29 marzo 2023
Cos’è la carne sintetica
L’Italia dichiara guerra al cibo sintetico. Non solo la carne coltivata, che negli Stati Uniti e a Singapore è già stata autorizzata, ma anche pesce, latte e mangimi artificiali per animali. «La presente legge detta disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti sintetici», si legge nella relazione illustrativa del disegno di legge all’esame del Consiglio dei ministri. Un testo applaudito da Coldiretti, che ne ha festeggiato i contenuti fuori da Palazzo Chigi con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Dure le sanzioni previste per chi contravverrà: vanno da 10 mila fino a 60 mila euro, ma possono arrivare anche al 10% del fatturato dell’azienda. Potrebbe essere un duro colpo per l’era – ancora agli albori – del cibo cell-based, il cui prodotto di punta è la carne ottenuta prelevando cellule staminali da un muscolo vivente, per coltivarle in un bioreattore che riproduce le condizioni del corpo animale. Qui, grazie a un mix di nutrienti, le cellule si moltiplicano: da una sola si possono ottenere anche 10 mila chili di carne in poche settimane. Rispetto all’anno e mezzo necessario per fra crescere i bovini in modo tradizionale. Il tutto, poi, senza uccidere o macellare: un traguardo nell’ottica del benessere animale, oltreché un grande business, nonostante i costi.
Nel 2013 realizzare il primo hamburger in laboratorio richiese quasi 290 mila euro all’Università di Maastricht. Ma adesso un petto di pollo da 160 grammi può stare sul mercato a circa 4 quattro dollari, secondo i dati della Future Meat Technologies. E, entro il 2030, secondo un’analisi di McKinsey, la carne sintetica costerà quanto quella animale. Gli analisti di Barclays stimano che il giro d’affari «sintetico» potrebbe raggiungere i 450 miliardi di dollari nel 2040, ossia il 20% del mercato globale della carne. E, infatti, fra gli investitori che ci scommettono ci sono tycoon del mondo tech come Bill Gates e Richard Branson, fondatori rispettivamente della Microsoft e della Virgin. Ma, anche, celebrità come Leonardo DiCaprio. Oltre a colossi alimentari quali JBS, Tyson Foods, Kellogg’s e Cargill. Pure dei governi finanziano ricerche in ambito: fra questi Singapore, città-stato che importa il 90% del cibo, e Israele. Qui opera a Tel Aviv il lab-bistrot The Chicken, dell’azienda di tecnologia alimentare SuperMeat, che offre ai clienti carne di pollo sintetica. In Italia la realtà pioniera è Bruno Cell: una startup nata nel Centro di Biologia Integrata di Trento, progetto dell’Università insieme alla Provincia Autonoma.
«Si dice che i cibi sintetici siano il futuro per via della loro presunta sostenibilità», spiega Pietro Leemann, chef stellato-icona dell’alta cucina veg. «Secondo me – continua – sono una strada sterile». Il cell-based viene spesso considerato uno strumento per abbattere l’inquinamento causato dagli allevamenti: responsabili del 14,5% dei gas serra, di consumo d’acqua e suolo. Nonché, quelli intensivi, di deforestazione e epidemie come la mucca pazza. «Non mangiare carne, o mangiarne meno, è necessario e i consumatori ne sono consapevoli. Ma alternative possono essere realizzate con proteine vegetali o prodotti naturali». Un esempio? «Il latte. Perché crearlo in laboratorio se basta unire quelli di mandorla e piselli a sciroppo d’agave e amido per ottenere un sapore identico a livello palatale a quello di mucca?».
I prodotti plant-based, ossia veg, stanno avendo successo. «E si tratta di alimenti meno inquinanti dei sintetici», afferma Moreno Cedroni, chef bistellato dallo spirito avanguardista. Gli studi mostrano che produrre carne coltivata richiede persino più energia di quella usata nell’industria per qualsiasi tipo di carne naturale. «Poi – aggiunge – il cell-based potrebbe danneggiare giovani e piccole realtà agricole, che sono moderne e sostenibili». Inoltre, da considerare c’è la sicurezza alimentare. «Non si ha idea degli effetti che i cibi sintetici potrebbero avere sull’organismo», spiega Davide Oldani, chef bistellato, fra i più innovativi. «Non sono contrario a priori, ma si deve pensare come prima cosa alla salute delle persone».