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 2023  marzo 29 Mercoledì calendario

Perché Audrey Hale ha fatto la strage di Nashville

Audrey Hale voleva morire e voleva uccidere. Ha ottenuto l’obiettivo assassinando tre bambini e tre adulti nella scuola elementare cristiana di Nashville, poi è stato fermato dal fuoco degli agenti. Per sempre. Poteva tirarsi un colpo in testa e invece si è trasformato in terrorista. Deciso, implacabile, preparato, con una breve concessione ai sentimenti attraverso un messaggio d’addio su Instagram.
L’ex studente transgender ha scritto all’amica Averianna Patton, con cui aveva giocato nella stessa squadra basket, poche parole: «Ho deciso di morire oggi, questo post è come un biglietto di suicidio. Probabilmente sentirai parlare di me nei notiziari dopo che sarò morto… Ti voglio bene. Ci vedremo in un’altra vita… Tutto questo un giorno avrà più senso, ho lasciato dietro di me prove sufficienti». Parole inquietanti riportate subito da Averianna al numero di emergenza, però non c’è stato tempo di sapere dove fosse Audrey.
Erano le 9.57. Sedici minuti dopo la polizia riceveva la segnalazione di spari. Ne passeranno altri 14 prima dell’epilogo, con gli agenti che fanno irruzione, perlustrano velocemente aula dopo aula e poi intercettano il killer al primo piano. Sequenza filmata dalle body-camera di un poliziotto, compresa la sparatoria finale davanti ad un’ampia finestra, tra urla e le sirene d’allarme.
Scene caotiche, seguite da ricostruzioni frettolose. Le autorità, rispetto ad altri episodi, hanno detto molto senza però stare attenti ai particolari. Prima hanno parlato di una teenager, quindi di una donna di 28 anni, poi di una transgender al femminile, infine al maschile. Versioni aggiornate man mano che mettevano insieme i tasselli e raccoglievano testimonianze. Audrey – che preferiva firmarsi Aiden e si presentava come maschio – ha lasciato un «manifesto» recuperato dopo l’eccidio. Per ora sono emersi molti dettagli tecnici sull’attentato, ma poco sulle motivazioni. La polizia parla di possibile rancore verso la scuola che aveva frequentato. Molti compagni descrivono Hale come una persona tranquilla, dolce, riservata. Però avevano perso i contatti da molto, prima del suo cambiamento. Viveva con i genitori, «molto religiosi» secondo un vicino. Una fonte anonima ha detto al Daily Mail che i genitori «non potevano accettare» che Audrey fosse transgender e che solo quando usciva di casa poteva vestirsi da uomo. La polizia ha detto ieri che era sotto cura di un medico per «disturbi emotivi».
Averianna aggiunge che aveva già manifestato tendenze al suicidio, aspetto ignorato o sottovalutato da chi gli stava vicino. Un qualcosa che ha motivato la pianificazione meticolosa dell’eccidio. Ha sorvegliato il complesso, lo ha scelto perché meno difeso (secondo gli scritti reperiti dalla polizia, avrebbe preso in considerazione e poi scartato di colpire anche «membri della famiglia e un centro commerciale»).
Ha disegnato una mappa, che mostrava la scuola, le armi che avrebbe usato, i vestiti che avrebbe indossato, «come in un fumetto», ha detto il capo della polizia (Hale aveva una laurea in graphic design e molto talento artistico). Ha indossato guanti tattici per avere una buona presa e pantaloni mimetici. Le munizioni in abbondanza in un corpetto. Colpi per un paio di fucili di cui uno tipo AR 15 – apparso in tanti massacri – e una pistola. Aveva acquistato legalmente 7 armi in cinque diversi negozi e le aveva nascoste a casa dei genitori. Sapeva che l’ingresso principale era chiuso a chiave, così ha sfondato le vetrate a fucilate.
La mattina della strage la madre Norma, 61 anni, aveva visto Audrey uscire con un borsone rosso e chiesto cosa ci fosse dentro. Si sentì rispondere qualche scusa. Se l’avesse aperto avrebbe trovato le armi. Nel 2018 Norma condivise su Facebook una raccolta di firme per tenere lontane le armi dalle scuole e vietare i caricatori ad alta capacità. Ma ha detto che non sapeva che «la figlia» possedesse ancora delle armi: in passato aveva una pistola, credeva che l’avesse venduta. «È un momento difficile – ha detto ai giornalisti —. Ho perso mia figlia».