la Repubblica, 28 marzo 2023
A Milano la fuga dagli affitti folli
Sono una neolaureata e vengo a Milano per iniziare il tirocinio in uno studio legale e studiare per il concorso per il dottorato di ricerca – scrive Giulia da Napoli –. Cerco da aprile una stanza singola in appartamento con sole ragazze, possibilmente con letto matrimoniale, luminoso e con arredamento carino. Mi piacerebbe costasse massimo 550 euro, ma arrivo verosimilmente fino a 700 (se tutto compreso, utenze incluse)». Nei commenti le rispondono quasi subito: «Abbiamo un nuovissimo appartamento luminosissimo al quarto piano, offro: singola nuova a 700, altra nuova matrimoniale a 750 uso singola, a 840 euro uso 2 persone». Giulia ha immaginato bene: il prezzo medio per una stanza in condivisione, è difficile sia sotto i 700 euro al mese.
È la Milano dagli affitti impossibili: basta scorrere l’elenco sterminato di offerte e richieste sulla pagina Facebook da 28 mila iscritti “Stanze affitto studenti Milano”, per scoprire due mondi paralleli. Del tutto separati dal prezzo. E ci si fa bene l’idea di quella città che studia o lavora. Ma fatica a stare dietro ai prezzi di mercato, inarrivabili per gli studenti fuorisede. Ma spesso anche per le famiglie del ceto medio.
Secondo le rilevazioni fatte a fine 2022 dagli operatori immobiliari attivi in città, in un anno a Milano il prezzo delle case in locazione è cresciuto tra il 10 e il 15 per cento. In centro per un monolocale il prezzo va dai 1.000 ai 1.500 euro al mese, per una casa da quattro stanze adatta a una famiglia si va dai 220 ai 300 euro al metro quadro l’anno. Con incrementi che vanno dal più 13,6 per cento del prezzo minimo di un monolocale, al più 29 registrato dal canone annuo di una casa da quattro locali. Ma il discorso vale per tutta la città: in periferia i canoni mensili sono saliti in un anno del 15 per cento per un monolocale e del 16 per un bilocale. «Il mercato della locazione ha due tipi di fruitori: c’è il 20 per cento che va in affitto per scelta e ha un budget abbastanza alto – ragiona Vincenzo Albanese, numero uno della Fimaa, che rappresenta i mediatori e gli agenti immobiliari di Milano, Monza e Lodi —. E c’è poi l’80 per cento che lo fa per necessità. E che oggi è costretto non solo a uscire dalla Cerchia dei Bastoni, ma dalla città. E a trasferirsi nell’hinterland».
Secondo l’ultimo report di Scenari Immobiliari, realizzato con AbitareCo, Milano è la terza città più cara d’Europa, dopo Amsterdam e Lisbona.Per un bilocale si arriva fino a 2 mila euro al mese. E anche zone periferiche, come per esempio Quartiere degli Olmi e Ponte Lambro, se anche oggi vedono i prezzi crescere meno, sono destinate a un boom. Visto che sono previsti progetti come il prolungamento della linea 1 della metropolitana verso ovest, e la riqualificazione di Santa Giulia a est, che ne determineranno una crescita. Con il risultato che il ceto medio avrà sempre più difficoltà. «È la cosiddetta “fascia grigia”, quella popolazione che è troppo ricca per accedere a un casa popolare. Ma troppopovera per stare dietro al mercato della locazione», spiega Massimo Bricocoli, docente di Urbanistica al Politecnico di Milano e coordinatore scientifico dell’Osservatorio Casa Affordable, promosso dal Consorzio cooperative lavoratori di Milano e dalla cooperativa di abitanti Delta Ecopolis in partnership con l’università.«Dallo scorso luglio abbiamo iniziato ad analizzare i redditi e i costi abitativi, prendendo come anno di riferimento il 2015, anno dell’Expo. Ebbene, se è vero che il reddito medio a Milano è di 34 mila euro l’anno, superiore alla media italiana, è anche vero tanti guadagnano 15 o 25 mila l’anno. Se si considera che sul reddito mensile i costi abitativi, per essere sostenibili, dovrebbero pesare non più del 30 per cento, si fanno presto i conti: un operaio che guadagna 1.500 euro dovrebbe trovare una casa intera, e non una stanza, che ne costi massimo 500. Senza considerare figure come i dottorandi o gli assegnisti universitari, che guadagnano anche meno». Per loro, la città è proibitiva. Tanto che si assiste a un’inversione di tendenza: «Una volta, dopo essere entrati nel mondo del lavoro i giovani mandavano alle famiglie al Sud le “rimesse” – nota Bricocoli —. Ora è il contrario: i giovani, pur lavorando, devono chiedere alla famiglia di pagare la casa a Milano».