Corriere della Sera, 28 marzo 2023
Tutte le stragiste d’America
Scuola Elementare Cleveland, a San Diego, in California. 29 gennaio del 1979. Brenda Spencer, appena sedici, apre il fuoco e provoca la morte di due persone. Ad un giornalista che riesce a contattarla al telefono motiverà l’omicidio con questa frase: «Non mi piace il lunedì». Risposta bizzarra di un’adolescente definita «psicopatica» da un esperto di attacchi di massa.
Il caso di Brenda ci riporta a quanto avvenuto a Nashville, con bambini presi di mira da una killer di 28 anni, armata di due fucili e una pistola acquistate legalmente. Audrey Hale, questo il suo nome, ex studentessa, ha pianificato il massacro: aveva una piantina dell’edificio, ha lasciato un testo per spiegare il gesto, ha creato il suo arsenale. Dinamica tragicamente identica a numerosi episodi, un modus operandi ripetuto e più volte emulato.
I luoghi di studio sono target consolidati, in alcune situazioni sono legate al «mietitore». Magari in precedenza frequentato le medesime aule, come Adam Lanza, il carnefice dei piccoli di Newtown, la stessa Audry Hale. Può considerare l’istituto la causa dei suoi «mali» oppure colpirlo perché lo ritiene un ostacolo (immaginario) alla propria esistenza. O ammazza per far soffrire, scatena la sua furia contro chi vive felice. Oppure cova un risentimento legato a scelte religiose, al modo di essere. L’assassina di Nashville si definiva transgender e ha sparso sangue in un ambiente cristiano, infatti questo è uno spunto al centro delle indagini.
Nell’infinita scia di dolore le stragiste al femminile sono rare. Un vecchio rapporto ufficiale sosteneva che rappresentano circa «solo» il 7 per cento in una realtà cupa, piena d’odio ma anche confusa, a volte senza un movente reale. Altre statistiche, andando fino al 1979, ne contano 17. Agli specialisti è stato chiesto del numero relativamente basso e la risposta non è mai stata precisa. Sostengono che l’uomo – adolescente o maturo – tende più facilmente alla violenza, alcuni cercano di dimostrare qualcosa con un atto crudele, vogliono diventare famosi/famigerati eliminando il prossimo. Inoltre, aggiungono gli studiosi, il maschio può muovere spinto da tendenze estreme, dalla xenofobia al misoginismo, dal neonazismo a «cause» che sono solo nella sua testa ma che assumono le caratteristiche di un’ideologia personale. Non esiste un profilo perfetto, un ritratto copia-e-incolla, unico. Ve ne sono tanti, con punti comuni, analogie ma anche aspetti che allontano gli identikit dei protagonisti. E vale anche «al femminile».
Dall’archivio spuntano alcuni nomi. Laurie Dann, 30 anni, una vita fatta di comportamenti strani, malessere psichico, violenze. Un sentiero che l’ha portata ad organizzare un attacco per poi togliersi la vita. A scatenare la diciannovenne Jillian Robbins – settembre del 1996 – tendenze suicide, disordine mentale. Sorprendente Amy Bishop. Non una ragazzina in preda ai suoi demoni, bensì una professoressa di università e madre alle prese però con contrasti in un ateneo dell’Alabama. Provocherà tre morti. Dopo l’assalto emergeranno precedenti che somigliano ad un percorso progressivo, quasi una radicalizzazione. L’uccisione del fratello trattata all’inizio come un incidente, il possibile invio di pacchi bomba, un’aggressione. Alla fine il fendente più feroce. Jennifer San Marco, 44 anni, univa un’instabilità profonda a manie di persecuzione. Se la prenderà con i dipendenti di una ditta dove aveva lavorato in passato, a Goleta, California. Sette gli assassinati. Poi si toglierà la vita.