il Fatto Quotidiano, 28 marzo 2023
Le giravolte dei ronzulliani
E adesso? Tutti quelli che, in Parlamento e sui territori, in questi anni si sono avvicinati a Licia Ronzulli si ritrovano senza più punto di riferimento e soprattutto senza protezione politica. Perché prima a fare da scudo c’era lei, la regina di Arcore, che almeno dal 2018 è stata la persona più vicina a Silvio Berlusconi decidendo quasi tutto: chi poteva parlargli, vederlo, chi mandare in tv e chi no, chi candidare e dove. “Molti cosiddetti ronzulliani stavano con lei solo per la sua vicinanza a Silvio. E ci metteranno pochissimo a voltarle le spalle e riposizionarsi…”, sussurra un deputato forzista.
Oggi a Montecitorio andrà in scena l’elezione di Paolo Barelli al posto di Alessandro Cattaneo e si vedrà se sarà votato anche dai deputati ronzulliani: Roberto Pella, Giorgio Mulè, Nazario Pagano, Giuseppe Mangialavori, Paolo Emilio Russo, l’ex vice presidente lombardo Fabrizio Sala, Rita Dalla Chiesa e lo stesso Cattaneo. Anche se probabilmente l’elezione avverrà per acclamazione. Ma pure in Senato, dove Licia è capogruppo, i “suoi” non mancano: Alberto Barachini, Dario Damiani, Adriano Paroli, Roberto Rosso, Francesco Silvestro e il ministro Paolo Zangrillo.
Pure i territori, però, sono in fibrillazione, specie nei luoghi dove Ronzulli ha avuto qualche potere. Soprattutto in Lombardia, dove è stata fino a ieri coordinatrice regionale. In giunta sono considerati “suoi” l’assessore Gianluca Comazzi e il sottosegretario Ruggero Invernizzi. Poi ci sono il capogruppo azzurro in consiglio Fabrizio Figini e Claudia Carzeri, vicina a un altro ronzulliano doc come l’ex sindaco di Brescia, Paroli. “Sulla Lombardia non capisco il clamore: avevo chiesto io a Berlusconi di lasciare la guida perché fare la capogruppo in Senato è molto impegnativo. Parlare di correnti è stupido, così come parlare di scissioni”, ha detto ieri Ronzulli, rompendo il silenzio nel giorno dell’anniversario (29 anni) della vittoria berlusconiana del 1994. Per quanto riguarda Cattaneo, “possono stupire tempistica e modi, ma ora Alessandro darà un grande impulso per far crescere il partito”, prosegue Ronzulli.
Anche in Piemonte diversi esponenti di spicco dovranno riposizionarsi: in primis Zangrillo che, pur essendo a lei vicino, aveva preso le distanze sulla questione del reintegro del personale no-vax e forse proprio per questo è stato “graziato” dal ribaltone di venerdì scorso, mantenendo la carica di coordinatore regionale. Diverso il caso del governatore Alberto Cirio: quest’ultimo ha sempre vantato la sua vicinanza a Licia, ma, ora che il vento è cambiato, potrebbe puntare a rispolverare l’amicizia storica con Antonio Tajani per giocarsi la ricandidatura alle Regionali del prossimo anno, su cui FdI ha già importanti mire.
Ronzulli poi ha sempre avuto una notevole influenza in Puglia dove il suo uomo di punta è il vice coordinatore regionale (e senatore) Damiani. E, oltre a Zangrillo, Licia aveva nel mazzo altri due coordinatori azzurri: Mangialavori in Calabria e Pagano in Abruzzo. Col nuovo corso si rafforzano in Campania Flavio Martusciello e il sottosegretario Tullio Ferrante. Fatto fuori dal recente repulisti, in Toscana, è stato invece Massimo Mallegni. Così come Gianfranco Miccichè in Sicilia, che però, pur essendo vicino a Licia, rispondeva, come ha sempre fatto, solo a se stesso.