Corriere della Sera, 28 marzo 2023
Le poesie di chatGPT
Dati i conclamati poteri superumani di ChatGpt, ho pensato di verificare le sue risorse creative e gli ho chiesto di scrivere una poesia sui migranti imitando Ungaretti. Ne è venuto fuori un testo di otto quartine. Queste le prime due: «Tra le onde del mare / e i cieli lontani, / travolte dalle tempeste / le genti migranti. // Vengono da terre lontane, / dove il sole brucia forte, / dove la vita è faticosa / e la pace è un sogno morto». Oltre alla evidente banalità di contenuto e di forma, non si capisce dove sia Ungaretti. Pur tuttavia, gli ho dato fiducia, chiedendogli di riscriverla imitando Montale. Sempre quartine, questa volta sette: «Lungo le rotte del mare, / fra gli abissi infiniti, / si muovono solenni e precari / i migranti del nostro tempo». Constatato il fallimento, gli ho proposto un esercizio più facile: scrivere alla maniera di Palazzeschi. Incipit: «Su navi incerte e traballanti...». Chissà perché, sempre quartine, chissà perché versi lunghissimi. ChatGpt non lo dice, ma non ha idea né di Ungaretti, né di Montale, né tanto meno di Palazzeschi. Neanche un bambino, dopo aver letto Rio Bo arriverebbe a un’imitazione tanto sballata. Dunque, ho concesso a ChatGpt di scrivere una poesia sulle tragedie dei migranti senza badare alla maniera. Ecco due versi a caso: «Perché solo così potremo costruire un mondo migliore, / in cui la pace, la giustizia e la fratellanza regnano sovrane...». A parte l’ossessione delle quartine (anche gli algoritmi vanno psicanalizzati?), la superficialità, l’assenza di espressività, di ritmo, di rime, di figure retoriche, insomma di tutto ciò che «fa» poesia al livello minimo, c’è persino un errore di concordanza verbale («sarà accolti»). Si capisce dunque perché ChatGpt non figura tra i 135 candidati della prima edizione dello Strega Poesia. C’è poco da ironizzare, è un’intelligenza artificiale giovane e sin d’ora possiamo scommettere che presto saprà produrre ogni tipo di poema. Per adesso tocca accontentarsi. Dunque, accontentandomi, gli ho chiesto di parlarmi di Montale e mi sono visto rispondere che «è stato celebre per la sua capacità di cogliere le sfumature del mondo» e che la sua opera è «straordinaria e complessa» (addirittura!). A quel punto mi aspettavo il minimo sindacale: ricordare che grazie a quella «straordinaria complessità» ha vinto il Nobel. Nulla.