la Repubblica, 27 marzo 2023
Gli italiani non hanno fiducia nella Ue
La fiducia degli italiani verso l’Unione europea, dopo alcuni anni, ha ripreso a scendere. Secondo il recente sondaggio condotto da Demos, nelle ultime settimane, si è fermata al 38%. Il livello più basso degli ultimi anni. Alla fine dell’anno scorso, infatti, aveva toccato il 45%. Naturalmente, non si tratta di una novità, di una svolta. Nello scorso decennio, infatti, l’Ue aveva ottenuto indici di fiducia più limitati. In particolare, dopo la crisi finanziaria del 2007-2008, quando l’euro era divenuto, agli occhi della maggioranza dei cittadini, la causa del disagio economico, che aveva coinvolto le imprese e, soprattutto, le famiglie.
Ma il clima d’opinione è cambiato, negli ultimi anni, in seguito alla quantità di fondi - quasi 200 miliardi di euro – trasferiti all’Italia. Determinanti, per il nostro bilancio. E rilancio. Inoltre, il ruolo della finanza europea si è “personalizzato”, attraverso la figura di Mario Draghi. Già Presidente della Bce. Divenuto presidente del Consiglio nel 2021. Fino alla scorsa estate. Tuttavia, le elezioni dello scorso settembre hanno nuovamente modificato lo scenario. Interno ed esterno all’Italia. E oggi i problemi si ripropongono. Sollevando nuove preoccupazioni.
Il conflitto in Ucraina, anzitutto, prosegue. E minaccia di aggravarsi.
In quanto è ricorrente il richiamo ad armi nucleari. E al confronto- scontro fra Russia e Occidente. Di cui l’Europa costituisce la frontiera. L’Ucraina, peraltro, è poco lontana dai nostri confini. È “Europa”. E ambisce a entrare, a pieno titolo, nell’Ue. Tanto più in questa fase. Per ragioni di “sicurezza”. Per la stessa e simmetrica ragione gli italiani guardano l’Ue con preoccupazione. Dettata da “in-sicurezza”. Perché l’Ue non pare in grado, in questa fase, di svolgere un ruolo da protagonista. Comunque, da mediatore, da attore negoziale. Mentre l’Italia opera da Paese “spettatore”. In prima fila.
Tuttavia, la guerra oggi non costituisce la prima ragione del calo di fiducia verso l’Ue. Perché da sempre gli italiani hanno di-mostrato un atteggiamento “distaccato”, nei suoi confronti. Non certo perché sostengano il “distacco”. Al contrario. L’Unione Europea, per gli italiani, è un riferimento necessario. Ma, al tempo stesso, “distinto”, se non “distante”. Infatti, come mostrano le indagini che Demos conduce da quasi 20 anni con Unipolis, gli italiani esprimono, verso l’Ue, un atteggiamento meno confidenziale, rispetto agli altri Paesi europei.
Tuttavia, non pensano al “distacco”. Al contrario. Se vi fosse un referendum per uscire dalla Ue, com’è avvenuto in Gran Bretagna, oltre 7 su 10 affermano, senza esitazioni, che voterebbero “No”. Non intendono, quindi, lasciare l’Ue. Perché sono – siamo - europei “nonostante” prevalga un sentimento tiepido. E, dunque, “europei per prudenza più che per appartenenza”.
Il significativo calo di consenso degli ultimi mesi verso l’Ue,nel nostro Paese, ha, dunque, altre ragioni. Che richiamano alcune vicende “sgradevoli”. In particolare, gli scandali di corruzione che hanno coinvolto alcuni euro- parlamentari, anche italiani. In primo luogo, la vicepresidente del Parlamento, Eva Kail?. Ci riferiamo, in particolare, al cosiddetto “Qatargate”, descritto, dagli osservatori (e non solo), come la più grave vicenda politico-finanziaria avvenuta nell’Assemblea di Strasburgo.
È interessante osservare, comunque, che il sentimento europeista non abbia cambiato il profilo sociale e politico tradizionale. L’euro-scetticismo, infatti, marca, in modo evidente, l’orientamento degli elettori di Centro- Destra. Coloro che votano per la Lega, più degli altri. Anche fra gli elettori del M5S si osserva un sensibile calo di “europeismo”, dopo la fine dell’esperienza di governo.
Tuttavia, in controtendenza, si osserva una ripresa del consenso europeista fra chi vota per i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Probabilmente per la maggiore – e necessaria - confidenza con i Paesi dell’Ue e i loro leader. Mentre il massimo sostegno all’Ue proviene, secondo tradizione, dalla base del Pd. Inoltre, dagli elettori del Terzo Polo, che, comunque, dimostravano un atteggiamento europeista anche in passato.
Appare, comunque, significativo lo sguardo “generazionale”. Sono, infatti, i giovani gli europeisti più convinti. Senza se e senza ma. Infatti, quasi 6 persone su 10, al di sotto dei 30 anni, dichiarano di avere fiducia nell’Unione Europea. Si tratta di una costante, che si ripropone, nel tempo...da tempo. Un aspetto specifico che assume un significato preciso. Infatti, i giovani si dicono “europeisti” perché, di fatto, “sono europei”. E cosmopoliti. Per primi e soprattutto: gli studenti. La cui esperienza e la cui carriera si svolgono e si svolgeranno, più degli altri, oltre ogni confine. Nazionale. E non solo.
È, questa, una buona ragione per guardare e volgersi verso l’Ue con fiducia. Per investire nell’Unione Europea. Perché se i giovani sono il futuro, non c’è futurosenza l’Europa.