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 2023  marzo 26 Domenica calendario

Biografia di William Morris

«La versatilità di William Morris (1834-1896) è leggendaria. Conosciuto dai suoi contemporanei come designer, artigiano, arredatore e uomo d’affari di successo, fu pure un poeta e un narratore molto famoso. Fu l’artista più illustre ad abbracciare il socialismo e, attraverso le attività di militante, il giornalismo e la scrittura creativa, propose tanto una critica devastante delle disuguaglianze della società vittoriana quanto una visione positiva e speranzosa di come sarebbe potuto essere un futuro più giusto ed ecologico». Basta. Potrei finire qui l’articolo, con questa citazione che apre il primo saggio di Anna Mason in questa sontuosissima monografia intitolata, appunto, semplicemente William Morris (e che meritoriamente, e coraggiosamente, Einaudi ha deciso di portare in Italia: bravissimi!) e suggerirvi di investire nel libro, nel suo sfoglio, dapprima, nell’ammirare quali e quante strade artistiche ha percorso il nostro e, poi, visto che ci vuole un po’ di tempo, di leggere i molti saggi che lo costellano.
Si tratta, con tutta evidenza, di un libro a dir poco fondamentale per la conoscenza della vita, delle opere e dell’incredibile qualità del “multiforme ingegno” di Morris. Edito per la prima volta in occasione della grande mostra al Victoria & Albert Museum (un museo che conserva ancora un caffè interamente ispirato e in parte realizzato da Morris e che fu, quel museo, una costante ispirazione per la sua carriera ed ebbe da lui impulso e suggerimenti), la rinnovata versione, che si è via via accresciuta (quella mostra di fine anni 90 fu un momento epocale per riprendere gli studi su Morris), è oggi questo splendido manufatto che non esiterei a definire «imperdibile» per tutti quelli che si interessano delle molte arti nelle quali si versò il magnifico inglese. Ora: se non vi basta, ecco l’indice (e altrettanti saggi decisivi sulla sua attività, da meditare), tanto per gradire. Il designer. Lo scrittore. L’imprenditore. L’attivista politico. L’attivista per la tutela dei beni culturali. E questo solo per stare all’ “uomo”. Ma ecco sulla sua arte: Pittura e disegno; le vetrate e decorazione degli edifici ecclesiastici; decorazione d’interni; mobili; piastrelle e vasellame; carta da parati; tessuti; calligrafia (sembrano quasi uno scherzo, tutte queste attività) e dulcis in fundo, il capitolo a me più caro: la Kelmscott Press.
E non direi una bugia se facessi notare che, in ciascuna di queste arti, William Morris non è che eccellesse: no, per alcune cose è ancora almeno un esempio, quando non un modello insuperato. Un antesignano, comunque, lo fu sempre, un luminoso personaggio i cui talenti schiacciano qualunque confronto con altri artisti e condannano la nostra sconoscenza della sua incredibile varietà di interessi. Lo dico mettendomi nel novero: eppure sono anni che dedico letture, visite a mostre, pellegrinaggi nelle diverse case inglesi di William Morris ma riesco a stupirmi, tuttora, di quante cose non si conoscano di lui in maniera precisa e non si può che ammirare, meravigliati, ciò che è riuscito a fare. Di un catalogo come questo, come si vede, non si può né tentare un sunto, né proporre una sbadata recensione. Tocca semplicemente rimarcarne l’eccellente qualità editoriale, che è poi la via, in alcuni casi, e in questo sicuramente, per prenderci per mano e guidarci nella (ri)scoperta di un tale leggendario artista.
«Non desidero un’arte per pochi, come neppure un’istruzione per pochi o una libertà per pochi», scrisse Morris nel pamphlet Le arti minori (1877): è un programma culturale, estetico, politico, umanistico. Da questa sua eredità – che si sforzò di comunicare non solo a parole ma in tutte le sue opere ben più solide delle frasi (con una battuta diceva che non poteva concepire come un uomo che tessesse un arazzo non dovesse essere in grado di comporre un poema epico...) –, occorre ripartire e continuare a impegnarsi perché non rimangano lettera morta. Per lui la bellezza era «una vera necessità»: non un lusso ma un dato essenziale per la felicità umana.
Nel 1896, dopo avere completato la fatica dell’edizione mirabolante del Chaucer per la Kelmscott Press, uno dei libri fondativi di un ritorno, anche qui, estetico, poetico e profondamente politico ad un’editoria particolare, il 3 ottobre Morris moriva: aveva “solo” 62 anni ma, come disse il suo medico, per fare ciò che lui aveva fatto in una vita, altri ne avrebbero impiegate dieci, ed era morto, perciò, «perché era William Morris». La sua lapide, disegnata dall’amico Webb, era concepita «come quella di uno dei suoi vecchi eroi nordici che giace sotto il suo cumulo di pietre». Un anno prima, in una delle sue ultime lezioni, Morris così ispirò gli studenti che lo ascoltavano: «Quelli che verranno dopo di voi, non dovranno avere bisogno di altro incoraggiamento se non di quello che avranno dal loro lavoro, il piacere di creare cose belle, che è il piacere più grande al mondo». Un manifesto, una profezia, un programma; di più, di più: una verità.
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William Morris
A cura di Anna Mason
Einaudi, pagg. 432, € 80