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 2023  marzo 25 Sabato calendario

Su "Il secolo verde. Per salvare il clima. Storia, propaganda e realtà" di Francesco Rutelli (Solferino)

La dichiarazione in incipit («nulla al mondo è più importante che salvare l’umanità dal disastro climatico») nella sua evidente ovvietà è contraddetta dal ragionamento che segue subito dopo. Ovvero che quell’allarme, anzi quel facile slogan che sentiamo ripetere ogni giorno su tutti i media, non basta ad avviare il necessario, efficace meccanismo globale di politiche e soprattutto di consensi «per fermare e rovesciare la deriva che ci può portare verso + 3°C di temperatura media globale». In più il catastrofismo è inutile, anzi controproducente («il veloce processo di identificazione di vaccini contro il Covid-19 dimostra le capacità della ricerca e della scienza a fronte di problemi nuovi»). L’unica strada verso la salvezza, cioè per indirizzare il mondo verso una rotta giusta e affidarlo alla persona «senza volto tra i sedici e i trent’anni» a cui è dedicato il volume, è «saper creare un consenso solido, diffuso e durevole verso le politiche per il clima». E dunque «indicare con trasparenza, puntualità, efficacia comunicativa e vasto coinvolgimento popolare quanti e quali posti di lavoro verranno creati durante le transizioni climatica, energetica ed ecologica». Occorre una transizione non imposta dall’alto ma democraticamente e idealmente condivisa nel nome del comune futuro da salvaguardare.

L’ex giovane radicale Francesco Rutelli (anche ex coordinatore nazionale della Federazione dei Verdi ed ex ministro dell’Ambiente nel governo di Carlo Azeglio Ciampi) torna sul tema che ha sempre costituito l’interesse di fondo della sua vita politica con il libro Il secolo verde. Per salvare il clima. Storia, propaganda e realtà, edito da Solferino nella collana «Ritagli» diretta da Massimo Franco.


Il secolo verde, argomenta Rutelli, comincia nel 1970, ovvero con la prima Giornata della Terra, l’Earth Day, organizzata negli Stati Uniti, e dovrebbe finire nel 2070 l’anno in cui l’India «in base agli impegni assunti nel corso della Cop26 di Glasgow nel 2021, dovrebbe azzerare le proprie emissioni di CO2. Ovvero, sarà il terminale della riuscita, o dell’acclarato fallimento, delle strategie della comunità internazionale per vincere la sfida climatica». Dunque un arco di tempo in cui staremo in bilico tra la possibile seconda parte del secolo verde e il precipizio verso l’orrore di un secolo nero.


Rutelli offre una robusta e articolata quantità di fonti, cifre, analisi, ricostruzioni storiche. Un’autentica banca dati: niente ideologie e solo fatti. Qualche esempio nella selva dei numeri. La Cina è la maggiore nazione inquinante con il 31% delle emissioni globali ma negli Usa quelle stesse emissioni sono aumentate dell’1,3% nel 2022 allontanando gli impegni assunti nell’Accordo di Parigi 2015 sul clima. Colossali cambiamenti ci riguardano già. Un terzo dei ghiacciai considerati Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco sono destinati a scomparire entro il 2050. Nell’estate 2022 la temperatura ha superato per la prima volta da sempre (quel «prima volta da sempre» è una cupa ricorrenza nelle recenti cronache ambientali) i 40° nel Regno Unito. In quanto all’Italia, sarebbero mille i casi da segnalare ma è giusto sottolineare, ripensando al caso Ischia, che ben 628.808 frane delle 750.000 dell’intero continente europeo sono italiane e che, per la siccità, il nostro Paese lascia disperdere il 40% delle risorse delle reti idriche.


Tante tessere di un mosaico. Eccone un’altra. Le energie rinnovabili in Italia? Sì, ma solo sulla carta perché, racconta Rutelli citando l’ex ministro Roberto Cingolani, il 70% dei progetti legati alle rinnovabili sono fermi a causa della burocrazia, la durata media di un iter autorizzativo nel nostro Paese è di sette anni contro una media europea di due anni. Pannello solare libero ovunque? No, certo. L’autore (qui si rivede l’ex ministro dei Beni culturali) sostiene che «i limiti paesaggistici devono essere legati all’intelligenza e alla conoscenza dei nostri territori». Anche perché «ci sono grandi possibilità di riempire di pannelli fotovoltaici i tetti delle aree industriali e artigianali e di quelle residenziali moderne». La stessa tesi, per intenderci, di Marco Magnifico, presidente del Fai, il Fondo per l’Ambiente Italiano. Ma le scelte davvero incisive implicano coraggio: «Sì alla realizzazione di impianti tecnologicamente avanzati per il ciclo dei rifiuti; sì ai rigassificatori nella transizione; sì alla trasformazione produttiva di industrie ed ex impianti industriali per i più moderni utilizzi».


Insomma quel «futuro sostenibile», espressione coniata 35 anni fa proprio da Rutelli che qui ne rivendica la paternità, la fortuna mediatica ma soprattutto il valore, è possibile. La rotta c’è, senza puntare irrealisticamente su una decrescita difficile e impopolare per la massiccia disoccupazione che produrrebbe nel breve e medio termine. Spiega l’autore: l’Organizzazione internazionale del lavoro prevede un bisogno di 24 milioni di nuovi lavoratori ben formati per la transizione green entro il 2030. Altri 13 milioni nell’attuazione degli impegni internazionali nelle energie rinnovabili. Seguendo i motori di ricerca specializzati per le offerte di lavoro nell’ultimo triennio c’è stata una crescita del 400% delle posizioni legate alle fonti rinnovabili.


Per il caso Italia, Rutelli afferma persino che «la prospettiva può essere entusiasmante» in termini numerici di future occupazioni con una nuova politica industriale da realizzare. Ma a un patto: «Un ambientalismo di governo sa e può proporre e organizzare un programma coordinato per la produzione e l’installazione di pompe di calore e di elettrolizzatori, moltiplicare le batterie di accumulo per ogni impianto basato su fonti rinnovabili, pianificare programmi di efficienza di riscaldamento, illuminazione e acqua calda» e via indicando un possibile cammino che però esige «registi autorevoli, visionari, costanti e convincenti». Perché, ripete spesso nel libro Rutelli, senza consenso e senza condivisione di una visione del futuro non si va da nessuna parte.

Eppure la prospettiva del secolo nero dovrebbe terrorizzarci tutti.