la Repubblica, 22 marzo 2023
Su "Il fuoco invisibile. Storia umana di un disastro naturale" di Daniele Rielli (Rizzoli)
"La storia" credo l’abbiate sentita tutti almeno una volta ed è questa: "L’ulivo è una pianta immortale sulla quale, in Puglia, è stato scoperto un batterio - in realtà del tutto innocuo - e l’Unione europea e le multinazionali voglio approfittarne per distruggere gli alberi più antichi del Mediterraneo. A difesa dei maestosi ulivi ci sono solo gli abitanti del posto che protestano e si oppongono al folle sterminio". Qualsiasi sceneggiatore vi direbbe che "La storia" funziona, non a caso è grossomodo la stessa trama di Avatar, il film che ha il record d’incassi di tutti i tempi, il tipo di primato che non si ottiene per caso, ma perché gli autori riescono a parlare alla psiche profonda delle persone. Personalmente incontro "La storia" nel 2015 quando, preoccupato per gli ulivi della mia famiglia, incomincio a studiare l’epidemia e a scriverne. Scopro così che "La storia" ha un problema non di poco conto: è falsa, completamente falsa.
Una storia falsa
Xylella in realtà è tutt’altro che innocua, è davvero un batterio mortale e non è stata diffusa da scienziati pazzi di Bari (un’ipotesi complottista che da mezzo leccese all’inizio avevo trovato anche io piuttosto plausibile), bensì è arrivata in Italia dal Costarica su di una piantina di caffè ed è passata indisturbata attraverso i porosi confini della comunità europea. L’unico modo per salvare gli alberi è abbattere gli esemplari infetti in modo che non possano essere la base di un’ulteriore diffusione della malattia. Scoprire tutto questo - anche se duole un po’ alla mia autostima confessarlo - non è stato poi così difficile: era già allora nero su bianco nelle carte della comunità scientifica mondiale, chiunque poteva leggerlo e infatti non fui certo l’unico a scriverlo, per lungo tempo però rimase una consapevolezza condivisa da una minoranza piuttosto ristretta di persone. Il dominio de "La storia" era pressoché assoluto. Negli otto anni successivi, ogni volta che saltava fuori che avevo lavorato su Xylella mi sentivo invariabilmente dire: "Conosco la storia: in Puglia vogliono tagliare gli alberi anche se in realtà stanno benissimo!". Accadeva in qualsiasi parte d’Italia mi trovassi e nei contesti più disparati, nel frattempo però 21 milioni di ulivi stavano morendo davvero, e la loro larghissima maggioranza, se non fosse stato per "La storia", si sarebbe potuta salvare. Tra questi c’erano anche gli alberi della mia famiglia.
La diffusione dell’epidemia
Il fatto è che "La storia" era più affascinante della realtà: forniva false speranze, garantiva audience, prendeva like, vendeva copie, otteneva voti alle elezioni, faceva anche sentire moralmente superiori, il che non guasta mai. A favore de "La storia" intervennero scrittori, cantanti, comici e attori. In virtù de "La storia" per anni non si tagliarono gli alberi infetti o se ne tagliarono molto pochi e molto lentamente. Rovesciando il principio di precauzione si accettò il rischio molto alto - che dai primi mesi del 2016 diventò una certezza scientifica non più discutibile - che l’epidemia si diffondesse.
Per sei mesi gli alberi destinati al taglio vennero sequestrati dalla magistratura leccese e gli scienziati che avevano scoperto il batterio vennero accusati di averlo diffuso, venne messo sotto inchiesta anche il commissario speciale all’epidemia che, incredulo, si dimise. Per mesi non furono più effettuati neppure i monitoraggi e il fronte dell’epidemia avanzò rapidamente. Nei primi anni di Xylella in Puglia abbiamo avuto una dimostrazione vegetale di cosa sarebbe potuto accadere con gli esseri umani se la prima e più pericolosa ondata di Covid non fosse stata affrontata con decisione.
Oggi le misure di contenimento sono migliori ma ancora insufficienti e l’epidemia continua lentamente ad avanzare, nel silenzio generale e nella pressoché assoluta incredulità del prossimo territorio destinato ad essere colpito. Una caratteristica di questa vicenda è infatti che, grazie a "La storia" e alle sue varianti, la maggior parte delle persone non crede mai alla realtà della malattia fino a quando non è troppo tardi. Nella piana degli ulivi secolari fra Ostuni e Fasano gli olivicoltori che hanno fatto gli innesti per salvare gli alberi si contano sulle dita di una mano: hanno avuto anni di tempo per prepararsi e non l’hanno fatto. "La storia", ancora una volta, è stata più forte.
Ma cosa succede agli abitanti di un territorio travolto da una narrazione così potente e al tempo stesso fondamentalmente falsa? In un certo senso non esiste un incubo più contemporaneo di questo e Xylella è stata per me anche un’opportunità unica per entrare dentro un microcosmo che per un lungo periodo ha abdicato alla razionalità.
Il libro
Proprio per rispondere a questa domanda ho scritto Il fuoco invisibile - Storia umana di un disastro naturale, un libro che mi ha portato a raccontare i meccanismi di questa illusione collettiva e a conoscere i protagonisti ignorati di questa vicenda. Fra di loro Donato Boscia, lo scienziato del Cnr che per primo capì che qualcosa non tornava nei disseccamenti sugli ulivi di suo suocero e mise in moto la macchina che portò all’identificazione del batterio, prima di allora sconosciuto in Europa; nei laboratori ho incontrato anche Maria Saponari, detta dai colleghi Messi, la punta di diamante del Cnr di Bari, la prima scienziata che sia riuscita a isolare Xylella; sia Maria che Donato oggi sono a capo dei maggiori progetti di ricerca europei su Xylella e vengono premiati in tutto il mondo, in Italia invece sono stati dipinti per anni come degli untori. O ancora Francesco Curci, l’agronomo di Oria che denunciò il focolaio nel suo paese e diventò un paria, osteggiato da tutti perché si era permesso di rispettare la legge. Per non parlare di Francesco Castrignanò, un ottantenne di Torchiarolo che aveva comprato degli ulivi dopo anni di lavoro alla Volkswagen, in Germania: quando lo conobbi aveva appena ricevuto l’ordine di taglio - scritto in un’incomprensibile lingua burocratica - e scoppiò a piangere davanti ai miei occhi; eravamo sotto i suoi grandi ulivi, a quasi cento chilometri dal primo focolaio, il suo era un lutto che si sarebbe potuto evitare, come decine di migliaia di altri.
Lo smascheramento a caro prezzo
Negli anni ho parlato per ore con Ivano Gioffreda, uno degli esponenti di punta del movimento negazionista e autore del primo esposto alla procura di Lecce, così come sono diventato amico di Giovanni Melcarne, un olivicoltore visionario che le ha provate e le prova ancora oggi tutte per rendere l’ulivo di nuovo coltivabile nel Salento e ricominciare così a produrre il suo olio extravergine di straordinaria qualità. Tutte le vittime di questa storia hanno dimostrato una pazienza infinita e tipicamente meridiana, negli anni mi sono trovato ad ammirare la loro fiducia nel fatto che, prima o poi, giustizia sarebbe stata fatta. Nicolás Gómez Dávila ha scritto che il tempo è temibile non tanto perché uccide, quanto perché smaschera, e alla fine è proprio quello che è successo con Xylella: lo smascheramento è costato però la distruzione dell’ecosistema di intere province. Al cuore del libro c’è poi la storia per me più importante, quella di mio padre che ha cercato in tutti i modi di salvare gli ulivi di mio nonno e di suo nonno e ancora oggi, a quasi ottant’anni, attende con personale ossessione ai pochi esemplari sopravvissuti e ormai ridotti al lumicino. Per noi gli alberi non rappresentano più un lavoro, sono una questione di continuità familiare: ogni ulivo è la testimonianza di una lunga catena di esistenze umane, spezzarla è un delitto dei più atroci.
Il fuoco invisibile
Vent’anni fa, poco prima di morire, mio nonno sognò che un ulivo di una sua campagna, un grande albero che si affacciava verso la strada vicinale, era completamente bruciato. Disse che era bruciato senza fiamme, come consumato da un fuoco invisibile. Molte volte negli anni ho sentito raccontare quel sogno e oggi i rami di quell’albero sono davvero senza foglie, il legno è imbrunito, è uno scheletro che spunta come una cuspide nera sopra il muretto a secco che lo divide dalla strada. Non è stato un incendio a ridurlo così ma un fuoco invisibile. Scrivendo ho finalmente scoperto la natura di questo fuoco invisibile: è il potere arcaico e inarrestabile che le storie esercitano sugli esseri umani.