Robinson, 26 marzo 2023
Intervista a Massimiliano Pani
Lo studio della PDU a Lugano è un luogo luminoso e pieno di delizie vintage: parquet, strumenti musicali che sono un pezzo di storia, amplificatori, poster, registratori a bobina, organi Wurlitzer, dischi d’oro sopravvissuti ( capirete poi perché) e persino un piano costruito su misura dalla Steinway per Arturo Benedetti Michelangeli: «Quando glielo portarono da Amburgo, nel nostro studio di registrazione degli inizi, a Milano nella Basilica sconsacrata di San Paolo Converso in Piazza Sant’Eufemia, mise le mani sui tasti, disse “non mi piace” e andò via. Così l’abbiamo comprato noi e fu un colpo di fortuna perché ha un suono incredibile», spiega Massimiliano Pani, figlio maggiore di Mina, oggi responsabile dell’etichetta che da ottobre 2022 ha aperto un nuovo capitolo della sua lunga storia.
Per cosa sta PDU?
«Produzione Dischi Ultrafonici».
Cosa significava?
«Niente, ma dava l’idea del futuro. Lo inventò mia mamma».
Il catalogo storico è sterminato: da Mina al jazz al krautrock. Quali sono le novità di oggi?
«L’idea è, proprio ora che la musica è diventata liquida, di dare un supporto di qualità all’appassionato.
Così abbiamo incominciato a rimasterizzare album storici di Mina ma anche di Ivano Fossati o fare cose particolari. Per esempio Dilettevoli eccedenze, che raccoglie alcuni brani di Mina introvabili. Ma c’è anche uno sguardo sul futuro, per cui abbiamo creato alcuni NFT in vari supporti, sia musicali che di arte visiva».
Come è nata la PDU?
«La storia parte da lontano. Mia madre inizia giovanissima, nel 1960, quando aveva vent’anni: Il cielo in una stanza è il suo primo pezzo a raggiungere il primo posto in classifica. Erano anni in cui la discografia era fatta da ex editori evenditori di strumenti musicali poi diventati discografici. Grandi personaggi ma anche un po’ banditi. Mia madre, con Celentano, si sono raccontati a vicenda di quanto gli hanno rubato, da ragazzi. Adriano spiegava che quando pubblicò24.000 baci invece di pagargli le royalty i discografici di allora gli chiusero il conto del bar. Lui li ha pure ringraziati per la generosità!».
E Mina?
«Per il 45 giri deIl cielo in una stanza,che ha venduto in tutto il mondo, compreso in Sudamerica, le hanno pagato solo 9mila copie».
Un vero affare.
«Però le hanno regalato una Fiat! E lei era tutta contenta».
Poi ha capito.
«È per questo che nasce, appunto, la PDU. Ancora giovane Mina si rende conto che per avere autonomia artistica deve avere un suo studio di registrazione e una sua etichetta.
Un’altra cosa che ha capito è che la televisione stava cambiando».
In che modo?
«Dopo il grande varietà diStudio UnoeSabato sera di Antonello Falqui, che sono rimasti nella storia del costume, si cominciò a registrare tutto in playback, più velocemente e peggio.
Con Falqui invece per un’ora e mezza di programma si provava una settimana. Era un modo che non le apparteneva e che non la divertiva più, così ha deciso di fare altro».
Che cosa?
«I dischi. È stata la prima a giocare con la sua immagine, basti pensare alle copertine: nel 1981, inSalomè, con la collaborazione dello straordinario fotografo, pittore e artista Mauro Balletti, si fa raffigurare con la barba; inRane supreme, del 1987, diventa un culturista. Tutto questo molto prima di Madonna o di Lady Gaga».
Era lei che dava l’idea?
«Quando incontrò Mauro Balletti luiaveva vent’anni. Non c’era neanche photoshop per cui doveva fare una foto, prenderne un pezzettino, staccarla, riattaccarla per esempio al corpo di un culturista, e poi con l’aerografo sfumare il collo e rifotografarla per poi trovare le giuste dimensioni. Nel tempo sono diventate arte, non solo copertine».
Perché a un certo punto Mina ha deciso di scomparire?
«Perché era stufa di essere inseguita ovunque con tutti sempre addosso.
Così per nascondersi ha cominciato a mettersi la barba! (ride,ndr)».
C’è chi vuole essere al centro dell’attenzione a tutti i costi e chi, come Mina e Battisti, scompare.
«Io stesso ho scoperto molte cose che ha fatto nel corso degli anni, perché mia madre non racconta niente. È più potente lei come persona del suo personaggio, mentre di solito è il contrario: è più forte il personaggio pubblico di quanto lo sono l’uomo o la donna reali. Mina invece è molto più affascinante come persona vera rispetto a ciò che ha fatto. Sai che noi non possediamo alcun premio dei tanti che ha ricevuto?».
Come mai?
«Ha buttato via tutto».
Tutto?
«Anche i dischi d’oro. Non andava neanche a prenderli. Qualcosa siamo riusciti a salvarla noi e l’abbiamo messa qui. Non è un vezzo, lei è irremovibile: già nel 1974 per esempio decise di fare l’ultima trasmissione Rai che era Milleluci e poi dire stop anche alle serate dal ’78. Una decisione parecchio coraggiosa. La casa discografica replicò: “Se non promuovi i dischi non ti do più nulla”. E rescisse il contratto. Furono anni difficili. Anche Adriano fece così, però se un disco non andava bene lui aveva i film e con quelli rimetteva in piedi tutto. Mina invece è stata molto più estrema, io credo perché lei in realtà non è una cantante».
Non è una cantante?
«Nel senso che non ha niente dell’ego, del protagonismo dei cantanti. Ragiona più come se fosse una musicista il cui strumento è lavoce e solo in termini di passione.
Infatti, negli anni, è passata dalla canzone napoletana agli standard jazz, dalla bossa nova al bolero».
Ascolta la musica di oggi?
«Passa il giorno ascoltando musica».
Le è piaciuto Sanremo?
«Alcune cose sì».
Per esempio cosa?
«Blanco: le era piaciuta molto Brividitanto che nel suo nuovo album, che uscirà il 21 aprile e che si intitolerà Ti amo come un pazzo, c’è un duetto con lui, intitolato Un briciolo di allegria».
Mina non ha paura di sfidare una certa mentalità per cui Blanco dopo l’episodio delle rose viene guardato come avesse fatto chissà cosa...
«Mina non ha mai avuto il timore di sfidare le convenzioni, è la sua vita a dirlo. Figuriamoci oggi! E il nuovo disco mostrerà una faccia ancora diversa, nuova e inedita di lei».