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 2023  marzo 26 Domenica calendario

Transgender nello sport: troppo forti per le donne


La notizia esplode come una bomba giovedì 23 marzo al termine del consiglio mondiale di World Athletics, federazione internazionale di atletica leggera. La comunica il presidente Sebastian Coe, conferenza stampa in diretta BBC: le donne transgender (nate di sesso maschile) non potranno più partecipare alle gare internazionali di atletica nelle categorie femminili. Mesi fa il Cio, Comitato Olimpico Internazionale, aveva invitato le federazioni a definire linee guida sulle partecipazioni di atlete transgender alle gare femminili. La decisione di World Athletics è netta: le atlete trans che hanno passato la pubertà sviluppando un corpo maschile non potranno più gareggiare con le donne. Un gruppo di lavoro esaminerà nei dettagli la questione ma Coe, nonostante le polemiche che si scatenano immediatamente, garantisce la linea intransigente con parole precise: la decisione è stata presa “nel migliore interesse dello sport” perché “la biologia ha la meglio sul genere” e l’equità per le donne viene prima di ogni inclusione.
Decisione analoga a quella recentemente assunta dalla Fina, federazione internazionale sport acquatici, a cui Coe fa riferimento. Nel nuoto il dibattito si è aperto a partire dal clamoroso caso dell’americana Lia Thomas nata Will, ultracorpo maschile che ha stravinto tutte le gare stile libero femminili sulle distanze di 200, 500 e 1650 yard battendo i record della categoria. Nelle 200 yard Thomas è passata dal 462° posto nazionale nella categoria maschile al primo posto in quella femminile. Alle avversarie che si erano lamentate per la palese ingiustizia i dirigenti avevano consigliato un supporto psicologico per accettare l’inclusione.
Perfino la trans Caitlyn nata Bruce Jenner, ex-campione olimpico, aveva twittato: «La felicità di individuo come Lia non può avere la priorità sull’innegabile fatto biologico che è trans e ha enormi vantaggi fisici». La tennista Martina Navratilova è stata l’atleta che più si è battuta per la lealtà sportiva insieme a reti globali femministe come Save Women’s Sports. Abbassare il livello di testosterone non basta a rendere gli uomini pari alle donne. Studi scientifici valutano un vantaggio nel nuoto dell’11%: la riduzione del testosterone ha un effetto solo marginale. Linda Blade, ex-campionessa di atletica ed educatrice sportiva canadese, ha quantificato l’enorme vantaggio fisico maschile dal 10% al 160% a seconda dello sport. Il corpo di un uomo è infatti dal 20 al 40% più pesante, del 3060% più potente, ha un 33% in più di potenza esplosiva, è più veloce del 10-15% nella corsa, i calci e i pugni sono del 20% e del 160% più forti, la forza di mischia nel rugby aumenta del 40-60%, l’assorbimento massimo di ossigeno è del 20-40% maggiore. C’è bisogno di dimostrazioni? Perché, come ha detto un’atleta, tanto «odio per la verità e le persone che la dicono?». Nel suo libro Unsporting Blade propone in alternativa due categorie: una solo femminile (XX) e una maschile aperta in cui possano gareggiare atleti uomini che si identifichino come donne.
Altro clamoroso caso di unfairness quello del neozelandese Laurel Hubbard nato Gavin, figlio dell’ex-sindaco di Auckland, autentica schiappa nel sollevamento pesi maschile che dopo la tardiva transizione (a 34 anni) vede le sue performance volare nella categoria femminile fino alla qualificazione alle Olimpiadi di Tokyo. In Italia il caso più discusso è quello dell’atleta paralimpica Valentina Petrillo. Nata Fabrizio, classe 1973 e padre di un figlio, Petrillo ha iniziato la terapia ormonale a 45 anni e ha stravinto le gare di corsa con regolarità, l’ultima volta l’11-12 marzo ai campionati di Ancona arrivando a conseguire 8 titoli master: gareggiando con gli uomini non ne aveva conseguito neanche uno. Lo statistico Marco Alciator ha analizzato per Feminist Post le performance di Petrillo confrontando i risultati nella categoria maschile e in quella femminile. «Da atleta non di rilievo» Petrillo è diventata «potenziale partecipante alle Olimpiadi (…) Il vantaggio iniquo dell’ordine del 10%». Alciator interpella le atlete danneggiate ad Ancona. Agnese Rossi: «La competizione deve avvenire con il rispetto della categoria: con atlete dello stesso sesso, non con chi ha mantenuto corpo da uomo». Cristina Sanulli, la più veloce: «Parlo anche a nome della maggior parte delle ragazze che corrono con me: non ci sentiamo alla pari, proprio perché la sua struttura fisica è maschile… ci sentiamo molto discriminate». Ma a Petrillo non basta stravincere e commenta con durezza la decisione della Fidal (Federazione Atletica Italiana) di assegnargli uno spogliatoio riservato dopo la richiesta inoltrata da 30 atlete rappresentate dall’avvocata-atleta Mariuccia Fausta Quilleri. Alla giornalista del Corriere di Bergamo che riporta il disagio delle atlete per il fatto di «condividere la doccia con una persona che, allo stato attuale, ha il corpo di un uomo», Petrillo replica: «Non credo che chi ha scritto quel commento non abbia mai visto dei genitali maschili (…) né vedo le donne avendo gravi problemi visivi». E accusando sui social i suoi critici di nazismo e di xenofobia Petrillo ha annunciato -in anticipo sulla decisione della World Athletics- che «per ragioni di sicurezza e di incolumità personale» non parteciperà ai campionati del mondo master indoor che si aprono oggi in Polonia, a Torun. Resta incredibile che si sia costretti – soprattutto costrette – a “sguainare spade” per dimostrare ciò che è autoevidente: che i corpi maschili, a prescindere da qualunque autopercezione, sono diversi da quelli femminili. Lo dice con semplicità Chelsea Mitchell, già “ragazza più veloce del Connecticut” che con l’inclusione delle atlete trans ha visto sfumare il suo primato: «I maschi hanno enormi vantaggi fisici. I loro corpi sono semplicemente e mediamente più grandi e più forti dei corpi femminili. Per ogni singola ragazza in pista è una cosa ovvia. Ma i funzionari del Connecticut sono determinati a ignorare l’ovvio».