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 2023  marzo 26 Domenica calendario

Ultime sulle nomine

Poiché si avvicina il momento delle decisioni, fioccano i colpi bassi. Non ci sono venti di guerra che tengano, ritardi da colmare, investimenti da realizzare, riforme da completare. C’è un pezzo di maggioranza che ha in mente solo una scadenza: le nomine. Entro Pasqua Giorgia Meloni deve trovare un accordo che accontenti gli appetiti dei partiti. Il clima è piuttosto teso. Ieri ad alimentarlo è stato un appunto attribuito con i desiderata della Lega. Nella lista spicca l’ipotesi dell’europarlamentare del Carroccio Antonio Maria Rinaldi come presidente dell’Eni. Già fra i leader della corrente anti-euro del partito, Rinaldi non gode della stima di Giorgia Meloni. L’appunto – pubblicato dal Foglio – è attribuito ad Alberto Bagnai, amico di Rinaldi, anch’egli esponente della corrente anti-euro, e al quale Matteo Salvini ha dato mandato di rappresentarlo al tavolo delle nomine. Secondo quanto ricostruito, la lista sarebbe stata fatta circolare da Fratelli d’Italia per bruciarla. Benché Rinaldi rivendichi pubblicamente il passato all’Eni, non ha alcuna chance di essere scelto. Nelle riunioni di questi giorni dedicate al tema, Meloni e Giancarlo Giorgetti hanno detto più volte che sceglieranno solo curriculum inattaccabili. Se si tratta di un’azienda quotata, non può che andare così: l’azionista pubblico deve tenere conto delle indicazioni dei fondi di investimento presenti nel capitale della società. E dunque sgombrato il campo dai desiderata, il quadro è un po’ meno complesso di quel che appare, anche se pieno di punti interrogativi.
Per l’Eni, la più importante di tutte, è ormai certa la conferma di Claudio Descalzi come amministratore delegato. Per la presidenza è in lizza il capo della struttura di coordinamento dei servizi, Elisabetta Belloni. Con un però: a Palazzo Chigi ci sono dubbi se e come sostituirla. Lei stessa avrebbe avanzato dubbi. Per l’Enel sono in lizza ormai solo due nomi: Stefano Donnarumma, attuale numero uno di Terna e Luigi Ferraris, oggi amministratore delegato di Ferrovie. Il primo sarebbe il nome preferito da Meloni, ma con il passare dei giorni la candidatura perde quota. Molti investitori sottolineano due nei: l’inglese non fluente – decisivo per una società così grande – e la partecipazione ad una conferenza programmatica di Fratelli d’Italia. Per ovviare a questi limiti Forza Italia e Lega propongono come presidente l’ex capo azienda Paolo Scaroni. Fuori Flavio Cattaneo (che smentisce qualunque interesse) la soluzione che sembra prevalere è ormai quella di Ferraris e per almeno due motivi. Enel ha un forte indebitamento, e Ferraris, già direttore finanziario del gruppo, è la persona giusta per gestire anche un eventuale aumento di capitale. La seconda: Ferraris lascerebbe libera la poltrona di Ferrovie che a quel punto potrebbe essere scelta in una rosa gradita al ministro delle Infrastrutture (Matteo Salvini, appunto). Fra i nomi possibili c’è quello di Roberto Tomasi, attuale amministratore delegato di Autostrade. A Leonardo i giochi sembrano fatti per Lorenzo Mariani, numero uno del consorzio missilistico Mbda e candidato del ministro della Difesa Guido Crosetto. Anche in questo caso Meloni aveva un nome preferito che sembra fuori dai giochi, ovvero l’ex ministro della Transizione ecologica ed ex capo della ricerca di Leonardo Roberto Cingolani. Se l’accordo su Ferraris a Enel terrà, Matteo Del Fante potrebbe essere confermato a Poste, dove invece la Lega sponsorizza la promozione dell’attuale direttore generale, Giuseppe Lasco. La tenuta dell’accordo dipenderà anche dalle caselle minori – Terna, Enav, Consip per citare le più importanti – e da quel che Meloni deciderà di fare in Rai. Proprio ieri il sindaco di Milano Beppe Sala ha smentito l’ipotesi dell’arrivo di Carlo Fuortes come co-sovritendente della Scala in attesa di una nomina piena, fra due anni. «Ricordo che una decisione del genere può essere presa solo dal Consiglio di amministrazione della Fondazione del teatro. In Consiglio non si è mai nemmeno accennato a un’ipotesi del genere». Secondo le indiscrezioni quella avrebbe dovuto essere la strada per l’uscita anticipata dell’amministratore delegato della televisione pubblica scelto da Mario Draghi.