Corriere della Sera, 26 marzo 2023
I missili di Putin in Bielorussia
La Russia torna a posizionare le sue atomiche tattiche in Bielorussia, marcando così una svolta nei suoi dispositivi militari. Era dalla metà degli anni Novanta, dopo lo sfascio dell’Unione Sovietica, che il governo di Mosca non portava più il proprio arsenale nucleare al di fuori dei propri confini. Una mossa, fortemente volta dallo stesso Vladimir Putin, che torna a sottolineare la gravità delle tensioni tra il governo di Mosca e i Paesi legati alla Nato. La Bielorussia confina con tre membri dell’Alleanza: Polonia, Lituania e Lettonia. Gli esperti di armamenti fanno notare che le «atomiche tattiche» sono più agili e meno potenti di quelle tradizionali a lunga gittata capaci di annientare città intere, vennero pensate negli anni Cinquanta per l’eventuale impiego sui campi di battaglia.
Intanto, il governo ucraino guarda con soddisfazione ai recenti passi compiuti da Svezia, Finlandia, Norvegia e Danimarca per creare un sistema di difesa aerea comune nell’Europa del Nord per fronteggiare le mire espansionistiche russe. La logica è la stessa che guida i governi dell’Est europeo a stringere la cooperazione militare tra di loro e con la Nato da quando Putin ha lanciato l’invasione dell’Ucraina ormai oltre 13 mesi fa. E le conseguenze per Mosca non possono essere altro che negative: mirava ad espandere la propria area d’influenza persino oltre le ex province perse al momento dell’implosione dell’Unione Sovietica nel 1991, ma si ritrova adesso costretta sulla difensiva di fronte alla mobilitazione dei Paesi occidentali e per giunta impantanata nelle battaglie del Donbass. I comandanti delle forze aeree dei quattro Paesi nordici il 16 marzo hanno firmato una dichiarazione d’intenti volta a coordinare le loro aviazioni militari. In tutto oltre 250 velivoli moderni che paiono destinati a creare non pochi grattacapi ai generali dello Stato maggiore russo. Nasce così una sorta di nuova «mini-Nato» settentrionale, parallela a quella madre del Patto Atlantico con gli Stati Uniti nel ruolo di Paese guida, e facilitata dal recente processo di adesione da parte di Svezia e Finlandia.
È in questo contesto di sfida aperta che giunge la mossa di Putin. Il presidente russo ha dichiarato ieri alla Tass di avere stretto un ulteriore accordo con lo Stato vassallo della Bielorussia di Aleksandr Lukashenko per dispiegare le atomiche tattiche sul suo territorio, forse entro il prossimo luglio. In Bielorussia si trovano già almeno 10 aerei russi in grado di trasportare atomiche e alcuni missili Iskander su cui possono essere montate testate nucleari. Secondo Putin: «La mossa non viola alcuno degli accordi internazionali contro la proliferazione nucleare, visto che tra l’altro anche gli Stati Uniti hanno posizionato atomiche tattiche nei Paesi Nato in Europa dell’Est». In sostanza, l’esercito russo è presente in forze in Bielorussia: dalle sue basi sono partite le truppe che il 24 febbraio 2022 miravano a occupare Kiev. Da allora Lukashenko bilancia la sua alleanza-dipendenza con Putin al desiderio di evitare il coinvolgimento diretto nel conflitto oltreconfine, consapevole che il popolo bielorusso potrebbe non seguirlo.
Sul fronte della guerra ucraina va registrata l’intensificazione dei bombardamenti da parte dei russi nel Donbass e attorno a Bakhmut. Sembra sia la risposta muscolare di Mosca, dopo che negli ultimi giorni sia Kiev che gli osservatori militari anglo-americani avevano segnalato l’affievolirsi dell’offensiva nemica. Ieri lo stesso capo di Stato maggiore ucraino, il generale Valeryi Zaluzhni, ha ribadito che la battaglia sul fronte di Bakhmut si è «stabilizzata».