il Fatto Quotidiano, 25 marzo 2023
Zelig sta per chiudere
In Viale Monza c’era la “contraerea”. Il direttore artistico Giancarlo Bozzo ama ricordare che nel 1986 quei due fari da discoteca proiettati in cielo davanti all’entrata del cabaret allarmavano i milanesi, che temevano i missili di Gheddafi. Il colonnello libico minacciava di lanciarli verso Lampedusa, hai visto mai che alzando il tiro centra pure la Martesana? Ecco, lo Zelig non sparava proiettili difensivi, ma minchiate d’attacco. Era stato appena chiuso il Derby, tempio storico della comicità meneghina, e il nuovo localino ne sarebbe diventato il degno erede. Con una pletora di nomi semisconosciuti da buttare in pasto ai quei 150 tagliatori di Fama seduti in platea – un pubblico longobardamente asciutto di entusiasmi – che dal palco sarebbero confluiti in tv e nel cinema. Bisio, Albanese, Aldo Giovanni e Giacomo, Paolo Rossi, Elio e le Storie Tese, Gioele Dix, il Mago Forest e mille altri. Ora, l’autunno del civico 140 si annuncia plumbeo. Ci sono sei mesi per salvarlo, prima che divenga altra cosa da un cubo in cui, da 37 anni, si vende humour stralunato e genialoide. Gino & Michele insieme a Bozzo hanno, spiegano in una lettera aperta, “comprato tempo” con la nuova società Le-Zgo per salvare la struttura dal fallimento, e lanciano un appello: “Vogliamo chiedere a chi è stato reso grande da Zelig e ha reso grande Zelig di partecipare a una serie di spettacoli che metteremo in piedi apposta”.
Perché la liquidazione giudiziale della Zmc, che controllava il patrimonio del “teatrino”, prelude alla necessità di reperire urgentemente nuovi fondi. Altrimenti, giù la saracinesca e addio leggenda stradaiola, visto che il “marchio Zelig”, quello delle produzioni tv Mediaset, è stato ceduto nei mesi scorsi a Rti.
Riflette Dario Vergassola: “Se mi invitano a iniziative collettive per il salvataggio dello Zelig ci sono, ma penso anche, senza fare nessuna polemica, che per risolvere la situazione ci sono persone diventate molto ricche grazie a questo locale: basterebbe che aprissero il portafoglio. Non servirebbero cordate e collette, altrimenti qui siamo sempre alle prese col comunismo irreale, a senso unico”. In ogni caso, l’eventuale chiusura di Viale Monza 140 sarebbe vissuta dal comico ligure come “un nuovo insopportabile lutto dopo la morte di Maurizio Costanzo. Allo Zelig ero stato accolto, nei primi anni 90, nelle settimane dei ‘provini’ di Gino & Michele. Guidavo la mia 127 da La Spezia, dove lavoravo da operaio all’Arsenale, fino a questa Milano che mi sembrava distante milioni di chilometri, nebbia compresa. In provincia non si sentiva neppure parlare di una comicità strampalata. Invece allo Zelig sembrava di stare a New York con Lenny Bruce a fare la stand-up. Lì ho visto quel genio di Maurizio Milani, ho capito da Rossi come stare in scena, andavo via con le cassette dei pezzi di Elio. Una volta finita la serata restavo al bar interno a giocare a biliardino fino alle 4, prima di ripartire per un’altra giornata nei cantieri navali. Mia madre pensava avessi una seconda famiglia a Milano, invece dormivo da mia cugina, riempiendola di cazzate che provavo per affinare il repertorio”. Con il rischio di essere malvisto dagli altri comici perché, racconta Vergassola, “pur di esibirmi allo Zelig ero disposto a farlo gratis. Gli altri mi ringhiavano: così ci rovini, non ti fai pagare perché un’occupazione ce l’hai già!”. La prima volta non si scorda mai: “Bozzo, che tirava la carretta, mi fece la proposta di provare. Trovai Gino & Michele che succhiavano caramelline, distratti e al tempo stesso interessati. Salii sul palco e dissi: ‘Vengo da una città in cui l’unica luce accesa di notte è quella del bancomat’. Poi presi di mira mia figlia, che era appena nata: ‘È così brutta che somiglia alla malmignatta ligure, che è un ragno mortale’. Era stretta attualità, non solo familiare. Tempi in cui potevi e dovevi essere politicamente scorretto, mica come adesso. Al timone del Paese c’era ancora Craxi, ci buttavamo sui socialisti. Poco dopo sarebbe arrivato Berlusconi: avrebbe surclassato tutti noi cabarettisti”. Però che tempi. “Sì, ma secondo loro funzionavo nel locale. In tv ci andavano quelli dei tormentoni da tre minuti, che non reggevano mezz’ora di monologo”, sospira Vergassola.
Anche Alessandro Besentini, del duo Ale & Franz, valuta la chiamata alle armi di Gino & Michele: “Siamo in tour teatrale con Comincium, se l’agenda risulterà favorevole potremo partecipare a uno show di solidarietà. Siamo molto legati allo Zelig, dove avevamo esordito nel ’95, con le nostre primissime follie, in mezzo a mostri di talento. Ma speriamo che Viale Monza non chiuda. Qualcuno salverà la baracca. Non può morire così un pezzo di storia della comicità. Italiana, non solo milanese”.