il Fatto Quotidiano, 25 marzo 2023
Salvini fa il Terminator delle lontre
Salvini sembra coltivare una nuova ossessione per gli animali: pare che a ostacolare l’opera di modernizzazione del Paese ci sia l’opposizione di implacabili gruppi faunistici.
Matteo Salvini sembra coltivare una nuova, peculiare ossessione per gli animali. Vorrebbe costruire tanto e ovunque, il ministro dei Trasporti, ma pare che a ostacolare l’opera di modernizzazione del Paese ci sia l’opposizione di implacabili e variegati gruppi faunistici. Uccelli, pesci, ora ci si mettono anche le lontre: l’ultimo cruccio del capo della Lega sono questi spietati mustelidi, insensibili alla crisi idrica e ai problemi del Paese.
Piccola parentesi: è un peccato che la maggior parte dei riflettori mediatici siano puntati sulla premier Giorgia Meloni; ci si sta distraendo da un Salvini in forma semplicemente straordinaria. L’ex vicepremier è ipercinetico: i cinque minuti da Bruno Vespa, in compagnia del plastico del Ponte sullo Stretto, sono appena un isolotto nell’arcipelago di salvinate che sta producendo a ritmi industriali.
Torniamo quindi alle lontre, cui il ministro dedica gustosi capitoli delle sue più recenti invettive. L’ha fatto cinque giorni fa a un evento organizzato dai Consorzi di bonifica, poi tre giorni fa a un convegno sull’acqua convocato da Ambrosetti a Roma e ancora giovedì a Palermo durante un incontro sullo sviluppo delle infrastrutture siciliane. Discorsi quasi identici: “Abbiamo dato il via libera ai soldi per la progettazione di 21 dighe e abbiamo scoperto i signori del ‘no’ sono contrari anche a questo”, ha detto Salvini, accorato. “Sull’Appennino Reggiano ad esempio, dopo 30 anni di chiacchiere, siamo pronti a costruire la diga di Vetto e si sono affacciati gli animalisti, dicendo che non si può fare perché ci sono le lontre. Noi non possiamo tenere a bocca asciutta decine di migliaia di cittadini e imprenditori agricoli. La lontra è intelligente e si sposterà da un’altra parte”. L’accusa ai mustelidi sarebbe esilarante se almeno fosse vera: la presenza delle lontre a Vetto è stata smentita nel 1992. I ricorsi degli ambientalisti sono stati poi respinti nel 1999: se la diga non s’è fatta, forse lo Stato c’entra più delle bestie.
Ma gli animali, per Salvini, sono un’ossessione da quando si è insediato a Porta Pia: “Sento dire che non si può fare il Ponte sullo stretto di Messina perché sennò gli uccelli ci vanno a sbattere contro”, ha ripetuto nello stesso convegno del 20 marzo. E ancora: “Lo stesso è avvenuto in Sardegna per un ponte i cui lavori erano bloccati a causa della presenza dei pesci. La lontra si sposta, come il pesce si sposterà da sotto al ponte e l’uccello svolazzerà da un’altra parte”. Gli animali e le loro lobby, insopportabili “signori del no”: un grande topos – non topo – salviniano.
Il nostro è scatenato. Ha smesso di contare in pubblico i giorni da cui si è insidiato al ministero – nei primi due mesi l’ha fatto con cadenza quotidiana – ma ora ripete con frequenza altrettanto ossessiva, praticamente ogni volta che parla, di avere “oneri e onori”. E quindi si attribuisce oneri e onori in praticamente tutte le battaglie politiche, piccole e grandi: promette a intervalli regolari il nuovo codice degli appalti, sgomita per la nomina a commissario per la siccità, si prepara a mettere mano al codice per la strada (occhio ai monopattini: “casco e targa per tutti”). Poi infierisce sulle “borseggiatrici incinte” (“Vittoria Lega! Detenzione e stop allo sfruttamento della gravidanza”) e si fa fotografare sorridente nell’aula bunker dell’Ucciardone per il processo OpenArms. Soprattutto, però, sono i giorni del ponte.
La fotografia di Salvini che guarda il plastico, da Vespa, con gli occhi di un bambino a Natale, l’ha fatto entrare per sempre nell’empireo dei generatori automatici di meme. Ma Salvini non s’è accontentato dei cinque minuti su Rai1. “Il ponte sullo Stretto è un diritto naturale del popolo siciliano”, ha dichiarato il giorno dopo a Palermo. “Dicono che c’è la mafia, questa cosa mi fa impazzire. Su questo mi sento più siciliano dei siciliani. Dire che non facciamo il ponte perché c’è la mafia, significa la resa morale, economica e sociale”. Di più, ancora di più: “Anzi il ponte, lo sviluppo della Sicilia, i centomila posti di lavoro, sono la principale cura antimafia per la Sicilia e per la Calabria! La mafia prospera dove non c’è lavoro”. Capito? Il Ponte sullo Stretto sarà il vaccino contro la criminalità organizzata. “Ma poi ormai la mafia c’è anche a Milano e a Berlino, non c’è un’esclusiva territoriale”. Vuoi mettere con le perfide lontre?