Il Messaggero, 25 marzo 2023
dieci anni senza Jannacci
«Siamo solo noi non l’avrei scritta senza Quelli che di Enzo Jannacci, che era un testo aperto. Potevi cambiarlo ogni sera. Lo mettevo in radio già nel 1976. Io compravo i suoi dischi dai primi in dialetto milanese, El portava i scarp del tennis e L’Armando. Era geniale. Troppo avanti. Io l’ho amato dentro», dice Vasco Rossi di Enzo Jannacci. In fondo basterebbero queste poche parole del re del rock tricolore per sintetizzare la grandezza, la portata e l’impatto che il grande cantautore milanese ha avuto sulla musica italiana degli ultimi cinquant’anni. Enzo Jannacci se ne andava il 29 marzo 2013, dieci anni fa, dopo aver lottato per anni con un tumore, lasciando un’eredità artistica gigantesca. Che nel decennale della scomparsa rivive grazie alle tante iniziative che lo ricordano, tra libri, dischi, spettacoli e anche un docufilm (ancora senza titolo, ha un’intervista inedita e un contributo dello stesso Vasco Rossi), la maggior parte delle quali curate in prima persona dal figlio Paolo.VOGLIA DI VIVERE«Era un perenne ragazzo che aveva scampato la seconda guerra mondiale e che bruciava dalla voglia di vivere. Voleva sempre “vivere esageratamente” per poter ridere dei guai e raccontare le emozioni e la sofferenza dei più deboli», dice il 50enne musicista ricordando il papà, al quale insieme al giornalista Enzo Gentile ha dedicato la biografia Enzo Jannacci. Ecco tutto qui, appena uscita (272 pagine, Hoepli). Apparso sulle scene alla fine degli Anni ’50 con la freschezza di un Buster Keaton nato dalle parti di Lambrate, Jannacci è stato una figura dirompente per la musica italiana, riuscendo, nonostante la sua milanesità (o forse anche grazie a quest’ultima), a portare all’interno della canzone popolare un linguaggio nuovo, bizzarro, geniale.LA SARTA E IL MARESCIALLOFiglio di una sarta comasca e di un maresciallo di origini pugliesi dell’aeronautica militare impiegato all’aeroporto Forlanini che partecipò alla Resistenza (i suoi racconti ispirarono la stessa El portava i scarp del tennis e La sera che partì mio padre, tra le altre), in una Milano che rinasceva dopo la guerra e si apprestava a diventare un punto nevralgico europeo del jazz, Vincenzo Jannacci incarnò lo spirito riformista della città e lo tradusse in musica: da Bambino boma a Il tassì, passando per Il giramondo, presto conquistò l’attenzione di Sergio Endrigo e di Adriano Celentano, per i quali suonò, e quella del grande Dario Fo, con il quale nel 1964 compose lo spettacolo 22 canzoni e poi nel ’67 anche il successo Vengo anch’io. No, tu no.Barboni, tossici, le prostitute di piazza Beccaria («T’ho compraa i calzett de seda»), ma anche cani coi capelli o telegrafisti dal cuore urgente (Giovanni telegrafista): «Roba minima», diceva dei personaggi che popolavano le sue canzoni, fino ad allora sconosciuti al mondo della canzone, tutte ambientate in una Milano trasfigurata in una sorta di teatro dell’assurdo, di cui insieme a Gaber – conosciuto a scuola, il liceo Manzoni: «Ho perso un fratello», disse quando il signor G morì, nel 2003 – diventò il massimo cantore. Di sera cantautore e cabarettista. Di giorno cardiologo: «Ho fatto il medico perché mio padre voleva che imparassi cos’è la sofferenza e a star vicino alla gente», diceva lui, che si laureò in medicina nel ’69 all’Università di Milano e per anni esercitò la professione.Dai primi coraggiosi esperimenti degli Anni ’50 fino al passo d’addio del 2013, passando per il successo di Se me lo dicevi prima, il libro Ecco tutto qui ritrae il cantautore come testimone del suo tempo, raccontandone aspetti inediti: «Pochi sanno che Jannacci ha fatto anche molta pubblicità. Non solo come attore (nel ’95 per uno spot dell’amaro Cynar, ndr), ma anche come compositore, collaborando con Bruno Bozzetto per i cartoni di Carosello», dice Enzo Gentile. «È stato popolare e anticonformista contemporaneamente. Ha sempre cercato di essere alternativo», riflette Elio, che sta omaggiando Jannacci con lo spettacolo Ci vuole orecchio, intitolato come l’omonima canzone, in scena dal 28 marzo al 2 aprile al Teatro Lirico Giorgio Gaber di Milano.IL TRIBUTOIl frontman delle Storie Tese sarà tra gli ospiti che il 3 giugno al Teatro degli Arcimboldi, sempre nel capoluogo lombardo, parteciperanno alla serata-tributo Jannacciami: «Con tanti amici celebreremo papà nel giorno del suo compleanno (avrebbe compiuto 88 anni, ndr). Ci saranno anche Ornella Vanoni, Francesco Gabbani, Diego Abatantuono, Cochi, Paolo e Franz, Paolo Rossi e Massimo Boldi», anticipa Paolo Jannacci, che sta curando un album di inediti ritrovati negli archivi. Uscirà a settembre, quando arriverà il docu-film di Giorgio Verdelli, forse presentato a Venezia: «Come mi immagino mio padre oggi? Si divertirebbe molto sui social – riflette Paolo – li userebbe a modo suo, portando lì dentro un briciolo di sana follia».