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 2023  marzo 24 Venerdì calendario

Intervista a Giuliano Sangiorgi

Parlare con lui è sempre un bel match di passione, è lì davanti a te che si consuma di ardore, si rabbuia e si accende come se la posta in gioco fosse sempre più alta delle miserie di tutti i giorni. Gli occhi guizzano come se fosse perennemente in procinto di cantare una serenata in faccia agli Dei. Oggi, in questo preciso momento, nei primi giorni di primavera dell’anno di grazia 2023, ricordando che esattamente vent’anni fa uscì il primo singolo del gruppo, Giuliano Sangiorgi, meglio detto Giuliano dei Negramaro, ha una nuova fiamma da comunicare, a cominciare da un super concerto, il 12 agosto all’aeroporto di Galatina Lecce, dove festeggeranno questi primi vent’anni di storia: «Volevamo uno spazio grande sotto il cielo», racconta con addosso la febbre delle ripartenze.Ma perché proprio lì, in quel punto baciato dal sole e dalla terra?«Perché siamo al centro esatto del Salento e volevamo farlo nel cuore della nostra terra. I miei nonni, come quelli di Andrea Mariano, mi portavano a vedere lì gli aerei che decollavano e atterravano, mentre raccoglievano la cicoria selvatica, e poi dobbiamo imparare a dare valore ai nostri territori. Come quando abbiamo suonato all’alba a Caracalla per Fiorello, l’idea nasce nasce dal desiderio di fare solo cose speciali».Come “Diamanti”, il singolo appena uscito con Elisa e Jovanotti?«Ma sì, noi siamo terroni maledetti, ci piace condividere tutto, e quella dei Negramaro è anche la storia delle amicizie che abbiamo creato nel tempo. Sia con Elisa che con Lorenzo ci siamo conosciuti esattamante nel 2003, con Lorenzo si creò una magia dal primo istante, e quando poi lo invitammo a San Siro uscì dicendo: “Dopo 25 anni di musica mi dovevano chiamare i Negramaro per arrivare a San Siro!”. Con Elisa eravano in studio da Mauro Pagani, Elisa stava cominciando il suo disco, entrò si è seduta al piano vicino a me e senza neanche dirci una parola abbiamo cantato Dancing. Diamantinasce dalla voglia di cantare di nuovo insieme, ma non mi andava di rifarlo solo con Lorenzo, o solo con Elisa, sarebbe stato come tornare sul luogo del delitto, in tre mi sembrava un delitto nuovo».Ma il vero delitto è cantare in un pezzo a tre, senza alcun rispetto della solennità dell’occasione, una frase come “non ho un c… da dirti…”(e su questo Giuliano finalmente ride di gusto e si lascia andare al gioco delle comiche coincidenze…).«Sì, è vero, questa è stata la settimana del c… a cominciare da quello della Annunziata. Ma la verità è che c’è stato accordo totale sul lasciare questa frase com’era, ci siamo resi conto che il romanticismo di oggi è più spigoloso: “È solo vento negli occhi e non ho un c… da dirti” non poteva essere edulcorata, non avrebbe avuto senso».Vent’anni sono tanti, oppure un baleno, caro Sangiorgi, se dovesse raccontarli in un’immagine?«Abbiamo acceso un faro. Eravamo piccoli e underground, però abbiamo fatto da apripista. A Sanremo, nel 2005, ci fecero cantareMentre tutto scorre all’una e 45 e fummo eliminati. Vent’anni dopo i Måneskin hanno vinto».A proposito di quel pezzo, può finalmente confessare il significato del “verde coniglio”?«No, ancora no. È una domanda ossessiva, che mi fanno sempre. Mi è venuto in mente che prima di andare a Sanremo il pezzo era finito a Mina, e le piaceva, credo che esista una versione di prova cantata da lei, ma non l’ho mai sentita. Poi decidemmo di andare al festival con questo pezzo assurdo, alla Jimi Hendrix diFoxy lady.Ma il coniglio non l’ho spiegato neanche a lei. Io voglio morire così, che ancora me lo chiedono e all’ultimo dirò: il coniglio verde è…».Diciamo allora che è un talismanopotente…«Di sicuro ce ne sono tantissimi tatuati sulla pelle dei nostri fan».Dall’alto di questi vent’anni di carriera…c’è speranza per la musica?«Io sono contento di una cosa, intanto c’è un’attenzione verso l’italiano come non succedeva da tempo. Possiamo dire che oggi veramente sono finiti gli anni Sessanta, e questa cosa è inevitabilmente bella, la rivoluzione deve passare per il cadavere degli ultimissimi che l’hanno preceduta… ma l’importante è che la nostra musica sia ancora viva. Io da ragazzino andavo con lo skate, e per sentirmi figo dovevo sentire Run Dmc, Public Enemy, al massimo i Cccp, ma ora arrivo nel parco e vedo i ragazzini che vanno sullo skate esattamente come ci andavo io, però con grande orgoglio mettono il rapper o il cantautore alternativo italiano, quindi l’attitudine mi fa solo piacere. L’unica paura è che non si permetta più di sbagliare, tutto deve essere immediato, milioni di streaming, devono andare a sedici anni a Sanremo, passare alle 21 e 15 e vincere. E invece l’errore è importantissimo, è quello che ti permette di crescere».Una rivoluzione compiuta?«Per niente. Io mi aspetto una rivoluzione punk radicalissima, la sento nell’aria, i ragazzi si stancheranno dell’aspetto più commerciale di tutta questa storia, ne avranno le palle piene».Di tanto in tanto girano voci sul fatto che possa interpretare Lucio Dalla in un film o uno sceneggiato.C’è qualcosa di vero?«Sì, diciamo che questa cosa mi insegue da tempo, me l’hanno proposto più volte, alcuni mi mandano la foto di Lucio a vent’anni, con la barba, sono impressionati dalla somiglianza, anche quelli che l’hanno conosciuto. Mi dicono che c’è qualcosa anche nella vocalità. Io so solo che con quelle canzoni ci sono cresciuto, le sentivo in macchina nei viaggi col mio papà, quando mi capita di cantarlo sento che sto cercando di avvicinarmi perlomeno all’odore di santità dei grandi. Io ho sempre amato cantare le cose altrui più delle mie».Ancora oggi?«Quest’ anno rivedendo e giocando con le nostre canzoni, che nel frattempo si sono sdoganate, sono diventare di tutti, le ho cantate per la prima volta come se non fossero mie… e mi sono divertito, mi sono riappropriato della nostra musica, allontanandola da me, come se cantassi Dalla o Battisti, mi sono liberato, ma per sentirsi liberi ci vuole dedizione, lavoro, fatica. Ma soprattutto bisogna guardare in alto. Se con i Negramaro non avessimo sognato l’irraggiungibile non saremmo qui oggi».Ma almeno una certezza, una sola, l’avrà pure acquisita…«Ma certo, di sicuro non ho avuto successo perché sono bello…».